Blumarine in perdita: 50 rischiano il posto

Via al licenziamento collettivo volontario, i sindacati: «La proprietà ha fatto il possibile per evitarlo ma è l’unica misura per salvare l’azienda»

Migration

di Maria Silvia Cabri

La metà dei dipendenti di Blumarine, una cinquantina, è a rischio licenziamento. Una doccia fredda per i lavoratori dell’azienda che ha contribuito a scrivere una parte della storia della moda italiana, e che a metà novembre scorso è stata acquisita al 100% da Marco Marchi, fondatore con il fratello Vannis di Liu Jo, di cui è anche presidente nonché azionista di maggioranza. Venerdì i dipendenti, via pec, hanno ricevuto la comunicazione di apertura della procedura di riduzione di personale.

Giovedì mattina i sindacati Cgil e Cisl avevano incontrato la proprietà: «Ci hanno comunicato che avrebbero dato corso ad una procedura di licenziamento collettivo ‘volontario’ – spiega Sergio Greco, sindacalista Cgil – al fine di individuare dipendenti che accettino volontariamente il licenziamento a fronte di un esodo incentivato. Ciò con l’obiettivo di evitare scontri sociali».

Nella stessa giornata i sindacati hanno incontrato in azienda i lavoratori stessi: «Hanno appreso la comunicazione del possibile licenziamento con estrema dignità – chiosa il sindacalista –. Alcuni di loro ci hanno chiesto maggiori informazioni.

La preoccupazione è grandissima. Il nostro prossimo passo sarà quello di convocare il prima possibile un incontro con la proprietà per contestare il numero dei licenziamenti e capire come attivare i percorsi di tutela dei lavoratori». Fonti estremamente attendibili ed autorevoli confermano la manovra da parte della proprietà: da queste si apprende che nel 2019 Blumarine ha registrato una perdita di esercizio di quasi 15 milioni di euro. Ciò a fronte di un fatturato di 25 milioni di euro e di 100 dipendenti. Alla luce dello stato patrimoniale e di esercizio, la proprietà ha reputato necessaria ed indispensabile, ancorché dolorosa, una ristrutturazione rapida. Una operazione per rimettere in sesto l’azienda e la società, salvando lo storico marchio Blumarine e chi resterà a lavorare in azienda.

Senza peraltro escludere, Coronavirus permettendo, una volta riacquisita solidità e virtuosismo, la ricollocazione delle stesse risorse umane o di altre nuove. «In questi mesi – conclude Greco – la nuova proprietà ha fatto tutto il possibile per evitare il licenziamento, ma vista la gravità della situazione, il riscorso al licenziamento collettivo pare essere l’unica misura per salvare e rilanciare questo storico marchio, ripartendo con un numero di lavoratori che sia proporzionato all’attuale fatturato».