
Un gruppo di dipendenti in sciopero davanti alla Cpc di Camposanto. L’azienda, operante nel settore automotive, è di proprietà di Mitsubishi
Braccia incrociate ieri alla CPC Group di Camposanto che dal 9 gennaio è interamente posseduta da Mitsubishi Chemical. E’ la prima volta in 30 anni storia di questa realtà aziendale, nata come GM. Circa il 90% delle circa 300 maestranze ha aderito alla giornata di sciopero indetta da Fiom Cgil e Fim Cisl che hanno deciso un pacchetto di 40 ore di sciopero (le prime 4 si sono svolte il 17 ottobre ndr) per rivendicare un contrato integrativo aziendale che questi lavoratori non hanno mai avuto e costringere l’azienda a sedersi al tavolo e non rimangiarsi alcune aperture confidate qualche mese fa. "Abbiamo riscontrato – dice la rappresentante della Rsu aziendale Vally Ganzerli - che l’azienda non vuole avere nessun rapporto con i lavoratori e non vuole accettare nessuna delle nostre numerose richieste". La CPC lavora da oltre 30 anni nel settore automotive ed ha altissime tecnologie per la progettazione, realizzazione ed assemblaggio di prodotti in alluminio ed in carbonio per grandi marchi dell’automotive mondiale fra quelli di lusso ed extra lusso, con stabilimenti anche a Modena e Bomporto per complessivi 950 occupati. Ma, è anche una delle poche aziende del settore automotive a non avere ancora un contratto di secondo livello che valorizzi le proprie lavoratrici e i propri lavoratori. "Seguo l’azienda da 3 anni - dice Marcello Della Gatta, rappresentante di zona Fim Cisl - e sono 3 anni che siamo seduti al tavolo. Le nostre richieste sono rimaste sempre insoddisfatte. Se siamo arrivati a questa decisione il motivo è comprensibile. CPC investe molto sulle strutture, ma non si cura di valorizzare anche la manodopera". Sono oltre tre anni che la Rsu, insieme a Fim Cisl e Fiom Cgil, chiedono di costruire insieme una proposta di contratto aziendale, solo negli ultimi mesi c’è stata un’apertura su questo aspetto, ma non sulla richiesta di un riconoscimento una tantum a copertura almeno degli ultimi due anni.
"Riteniamo che un’azienda di queste dimensioni – spiega Enrica Agazzani della Fiom Cgil di Mirandola - debba fare una contrattazione di secondo livello e anche una ridistribuzione equa e collettiva di parte degli utili. Cosa che qui non abbiamo. L’offerta è stata di 200 euro a fine anno, mentre la nostra richiesta era di avere una "una tantum" di 800 euro". Alla richiesta sindacale l’azienda ha offerto la stessa cifra che unilateralmente ha sempre dato ai propri dipendenti in concomitanza delle festività natalizie, per cui questa proposta è stata ritenuta dalle assemblee, dai lavoratori, dalla Rsu, non solo insufficiente, ma addirittura provocatoria rispetto alla attesa sindacale.
Alberto Greco