
Il carcere di Modena
Modena, 24 gennaio 2017 - Il sopralluogo di un ‘emissario’ del dipartimento di polizia penitenziaria in carcere c’è già stato e ora il senatore del Pd, Stefano Vaccari, chiede al ministro della giustizia se l’ipotesi di realizzare una sezione per il regime di 41 bis (la detenzione ‘’dura’) nella casa circondariale di Modena sia fondata. Per il parlamentare, infatti, si tratta di una «idea che mal si adatterebbe ad una struttura che ha mostrato nel corso degli anni evidenti limiti già alla detenzione ordinaria, pur compensati dagli sforzi e dall’impegno del suo personale».
E’ stato proprio il parlamentare e componente della commissione Antimafia, ieri, a rendere nota la possibilità che nel carcere di via Sant’Anna possa nascere una sezione di massima sicurezza. «La Direzione nazionale antimafia ha da sempre considerato il regime carcerario 41-bis strumento strategico nell’attività di disarticolazione delle organizzazioni mafiose – spiega Vaccari – perché consente di privarle dell’apporto dei loro capi, finalmente assicurati alla giustizia e privati anche di quella, seppur ridotta, libertà d’azione che il regime di detenzione ordinaria potrebbe comunque continuare ad assicurare loro. Tuttavia la cronaca ci ha purtroppo insegnato come fino al 2010 anche le maglie di questo particolare regime detentivo si fossero lentamente ma inesorabilmente allargate, con episodi clamorosi di boss che dal carcere duro riuscivano a mantenere relazioni con i clan o addirittura a concepire figli.
Prioritario quindi mantenere quanto mai alta l’attenzione e vigilare perché l’efficacia di questo importante strumento non venga nuovamente intaccata. Attualmente sono 750 i detenuti sottoposti al regime 41-bis, dislocati in 12 diverse strutture penitenziarie. In base a quanto si è potuto apprendere negli ultimi giorni l’amministrazione penitenziaria avrebbe allo studio l’ipotesi di realizzare una sezione detentiva da destinare a detenuti in regime di 41-bis anche presso il carcere di Modena. Una scelta che parrebbe in contraddizione con quella fatta dalla stessa amministrazione penitenziaria di limitare la collocazione di questo tipo di detenuti in strutture con specifiche caratteristiche e spazi adeguati per meglio gestirne la custodia e limitarne i contatti con l’esterno – dice Vaccari – e che inoltre rischierebbe di acuire ulteriormente le criticità sulla sicurezza del territorio modenese più volte segnalate da amministrazioni locali e associazioni di categoria, essendo dimostrato il manifestarsi di azioni di organizzazioni criminali legate a detenuti in regime di carcere duro, laddove sono reclusi. Al ministro della Giustizia quindi chiediamo quale sia la fondatezza di questa ipotesi e se la ritenga coerente con gli obiettivi di qualificazione più complessiva del sistema penitenziario del nostro Paese».
Il capo della ‘direzione generale dei detenuti e del trattamento’ afferente al dipartimento di polizia penitenziaria, Roberto Calogero Piscitello, ha fatto un sopralluogo, nelle scorse settimane, in carcere a Modena. L’obiettivo della visita, secondo indiscrezioni, era proprio quello di valutare se il carcere di Sant’Anna - che conta circa 400 posti letto - sia ‘adattabile’ ad ospitare detenuti pericolosi, quelli cioè che devono scontare condanne per reati gravi (mafia e terrorismo, ad esempio) in regime di 41 bis. In particolare sarebbe il vecchio padiglione l’ala interessata allo ‘studio di fattibilità’. Il vecchio padiglione - nel caso dovesse ospitare davvero le celle di detenuti in regime duro - dovrebbe essere riadattato e richiederebbe un grosso restyling. Le carceri di massima sicurezza, infatti, sono dotate di misure imponenti sia in termini tecnologici (in particolare impianti di videosorveglianza) sia relativamente alla conformazione strutturale. Richiedono passaggi dedicati, anche sotterranei, per i detenuti e sale colloqui particolarmente protette. Accorgimenti pensati per limitare il più possibile i contatti esterni dei detenuti che scontano il regime duro. Inoltre la gestione è riservata al personale del gruppo operativo mobile che dovrebbe venire quindi a lavorare a Modena. Se l’ipotesi diventasse realtà, insomma, la nostra casa circondariale dovrebbe essere oggetto di importanti lavori di adeguamento per rinchiudere criminali del calibro di Totò Riina o Bernardo Provenzano, per fare degli esempi.
Il regime carcerario duro prevede massimo isolamento in cella singola con ora d’aria limitata e divieto di frequentare spazi comuni, stretta sorveglianza, una sola telefonata al mese e ridotta possibilità di detenere oggetti personali in cella. Le carceri di massima sicurezza in Italia sono dodici: L’Aquila, Cuneo, Marino del Tronto (Ascoli Piceno), Novara, Parma, Pisa, Rebibbia Roma (sia maschile che femminile), Secondigliano, Spoleto, Terni, Tolmezzo (Udine) e Viterbo.