Carpi, i profughi: 'Stipati in casa senza soldi per mangiare'

La testimonianza di un gruppo di profughi' Abbiamo lavorato, nessuno ci ha pagati'

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Carpi (Modena), 4 ottobre 2016 - Stipati  in dieci in un appartamento, senza soldi da tre mesi, senza lavoro, in attesa del permesso di soggiorno. Quello che chiedono Rasheed, Ekhator, Kindness, e gli altri profughi nigeriani accolti in un appartamento a Carpi gestito dalla cooperativa Caleidos, è di poter lavorare. E pensavano di aver trovato un lavoro, nell’agosto scorso, quando attraverso la cooperativa gli è stato proposto di aiutare una famiglia carpigiana a traslocare. Un trasloco privato, da una casa all’altra in un quartiere residenziale vicino al centro. Forse i profughi si aspettavano di tagliare l’erba, spazzare le foglie dal marciapiede o imbiancare una scuola, come fanno altri accolti in provincia.

Rasheed, 29 anni, è sicuro di quello che dice. «Abbiamo fatto i volontari, abbiamo spostato mobili per un privato» dice il 29enne nigeriano. Siete stati pagati? «No», risponde in inglese.

ERA PIENA estate e i profughi avevano terminato il corso di alfabetizzazione. In attesa di ricevere il via libera alla richiesta di asilo politico, impantanata nella burocrazia italiana, trascorrevano lunghissime giornate con le mani in mano e senza soldi: da marzo la cooperativa Caleidos non riceve i soldi dal ministero e a cascata non riesce a dare il pocket money ai profughi per i loro bisogni quotidiani.

«Da luglio siamo senza soldi - racconta Rasheed - abbiamo comprato da mangiare grazie a un nostro amico nigeriano che ci faceva credito nel suo negozio di alimentari. Ma adesso non riesce più a farci credito e non sappiamo come fare». Le volontarie dell’Udi, l’Unione donne italiane che ha prestato la sede per i corsi di italiano, si sono prese a cuore i ragazzi e si danno da fare per raccogliere cibo dai contadini della zona. Trovare un lavoro, quando hai lo status di profugo, è decisamente un’impresa disperata. Ma quando i rappresentanti di Caleidos hanno proposto ai ragazzi di aiutare una famiglia a traslocare si è accesa una speranza e si sono mobilitati tutti. «Abbiamo spostato i mobili e svuotato il garage di questa casa» dice il 29enne indicando una piccola palazzina.

La famiglia si è trasferita poco distante, marito e moglie e tre figli piccoli. «Dovevamo traslocare, io dovevo partorire dopo poche settimane», racconta la donna, che preferisce rimanere anonima. L’appartamento è ancora pieno di scatoloni. «Sapevo che questi ragazzi stavano tutto il giorno senza far niente, così ho chiesto agli educatori di Caleidos se avevano voglia di aiutarci a traslocare. Così si tenevano occupati e si rendevano utili». La donna ha contattato Caleidos che a sua volta ha chiesto ai profughi. «Mi hanno detto che avevano accettato - racconta la carpigiana - pensavo arrivassero in tre o o quattro e invece sono arrivati tutti, erano in dieci».

A RASHEED e agli altri nigeriani non sembrava vero di poter lavorare. «Sono stati bravissimi e disponibili – racconta la famiglia – volevo pagarli ma non ci siamo riusciti, non abbiamo potuto neanche offrire qualcosa al bar».

Giorgio Dell’Amico di Caleidos, conferma i tagli di fondi: «Dovremmo riuscire ad erogare questa settimana i soldi di luglio». E il trasloco privato?« Faremo una verifica – risponde stupito – di solito i profughi si offrono come volontari per aiutare associazioni o i Comuni».