Chiesti trent’anni per l’assassino di Benedita

Leopoldo Scalici ha confessato l’omicidio della prostituta: il cadavere abbandonato nelle campagne di Albareto. Venerdì la sentenza

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di Valentina Reggiani

Era il 7 aprile dello scorso anno quando il corpo della prostituta nigeriana 40enne Benedita Dan fu trovato massacrato in un fossato in zona Albareto, stradello Toni. L’assassino qualche ora dopo confessò l’atroce delitto presentandosi alla caserma dei carabinieri di Pavullo. Ieri il pm Mariangela Sighicelli ha chiesto per Leopoldo Scalici, 43 anni, il massimo della pena possibile, ovvero 30 anni di carcere nel processo con rito abbreviato che prevede una riduzione della stessa, riconoscendo il concorso di circostanze aggravanti e attenuanti. La sentenza è attesa per venerdì.

L’uomo, davanti ai giudici, aveva spiegato di aver massacrato la vittima con colpi alla testa inferti con una pesante morsa da banco. Il movente era legato a quella prestazione sessuale ritenuta dal cliente violento insoddisfacente. Il difensore dell’uomo, l’avvocato Fernando Giuri, aveva chiesto per il proprio assistito il rito abbreviato condizionato ad una perizia psicodiagnostica che ha però confermato come Scalici, quando uccise brutalmente la 40enne fosse perfettamente in grado di intendere e di volere. Il perito nominato dal giudice, la dottoressa Forghieri ha spiegato infatti come Scalici risulti affetto da disturbo di personalità legato al percorso di crescita; una "fragilità personologica" alla quale si aggiunge un altro disturbo dovuto all’uso prolungato negli anni di stupefacenti. Condizioni però non tali da determinare vizio parziale o totale di mente. Le conclusioni della dottoressa Forghieri sono state condivise anche dal perito della difesa. Scalici sarà quindi giudicato per il terribile delitto commesso: il pm ha chiesto ieri una pena di trent’anni. Venerdì la sentenza.

Era stato un passante - quella mattina di primavera - a trovare il corpo di Benedita, vittima di tratta, e aveva subito allertato la polizia. L’uomo, all’epoca dei fatti 42 anni, si era presentato spontaneamente alla caserma dei carabinieri di Pavullo qualche ora dopo, convinto dalla madre, per confessare l’atrocità commessa.

Secondo le indagini l’assassino aveva girato per la città con la sua vittima, forse ancora viva e agonizzante, chiusa nel retro del furgone sul quale l’aveva caricata e poi massacrata. Nella notte aveva poi scaricato il cadavere di Benedita, trascinandola fuori dal mezzo, immediatamente ripulito. Prima che le indagini lo incastrassero l’uomo si presentò in caserma confessando tutto. Per Benedita in città si tenne anche una fiaccolata per sensibilizzare la comunità sulla tratta e sfruttamento delle prostitute, fenomeno in mano alla mafia nigeriana anche a Modena.