BEPPE BONI
Cronaca

Cocchi e antiche carrozze. Quando nel Settecento la città si spostava a cavallo

Lunga tradizione ippica, il fascino delle Scuderie ducali

Nella Modena del Seicento e del Settecento la città cominciava ad essere a misura d’uomo, ma era soprattutto a misura di cavallo. Le strade, i viottoli, le piazzette e l’intera viabilità erano concepiti per prevedere il passaggio di calessi e di carrozze pubbliche e naturalmente anche gli edifici avevano una loro filosofia equestre. Non c’erano le automobili e quindi nemmeno i garage, ma le centinaia di destrieri che popolavano la città per le esigenze quotidiane di trasporto e spostamento avevano necessità di ricoveri e alloggio. Quindi, a parte le eleganti scuderie ducali, anche la città del popolo disponeva ad ogni angolo di stalle per i cavalli e per ciò che serviva a loro da necessaria cornice, dai luoghi per contenere il fieno, a quelli per le carrozze e i finimenti. Dame imbellettate con ciprie e profumi, signori dallo sguardo altezzoso soprattutto al mattino e verso sera animavano Modena con la passeggiata in calessino, trainato solitamente da un solo cavallo e a volte con palafreniere di servizio. Nel secolo dei lumi, il Settecento, possedere un calesse o una carrozza per gli spostamenti non era per tutti e nella maggioranza dei casi segnalava anche il censo.

Il calessino del restauro in diretta al Museo civico infatti doveva essere in dotazione ad una famiglia di rango, se non proprio nobile. Si tratta, come rilevano gli storici, forse più di un attrezzo da diporto che da corsa, pur senza escludere questa seconda, ma meno probabile, ipotesi.

Il conte Francesco Valdrighi, nel suo ’Dizionario storico-etimologico delle contrade e spazi pubblici di Modena’ (1880), racconta come sin dall’inizio del Settecento buona parte del perimetro murario della città fosse praticabile in carrozza e vi si svolgesse il passeggio, equivalente allo struscio giovanile di oggi o allo sfoggio di pellicce nel pomeriggio invernale post sci di Cortina d’Ampezzo. Nel Museo civico di Piacenza inoltre, è presente un sediolo della fine del Diciassettesimo secolo utilizzato nelle corse che reca il marchio della ditta ’Simonazzi Remigio in Modena’.

La paternità modenese di questo sediolo, testimonia la passione cittadina per le competizioni ippiche già documentate nel Seicento quando si svolgevano anche a Modena corse con calessi ma anche a sella simili al palio di Siena. Del resto la città vanta una tradizione e un legame molto forte con i cavalli, che ancora oggi sono presenti nelle scuderie dell’Accademia militare per l’addestramento degli allievi ufficiali, e per via dell’ippodromo di corse al trotto che fino ai primi anni Settanta funzionava a ridosso del centro, al Foro Boario.

Carrozze, cocchi e calessini tra il Seicento e il Settecento erano necessari ma non tutti erano dotati di sospensioni per attutire le insidie delle strade, polverose e per lo più piene di buche se non proprio voragini. Le prime carrozze dotate di comfort, aspetto innovativo per quei tempi, vennero realizzate in Ungheria, nazione da sempre di grande tradizione in questo settore, nel Quindicesimo secolo.

Ma gli italiani dell’Italia ancora disunita sapevano copiare e Ferrara divenne nel giro di breve tempo un centro specializzato nella costruzione di calessi e carrozze con sospensioni, sedili imbottiti, grande elasticità della scocca e grande cura nelle decorazioni il più delle volte realizzate da artisti. Nel Diciassettesimo secolo arrivarono le innovative sospensioni a molla, gran lusso per l’epoca, che pare siano state inventate dall’olandese Boonen. Ma se i francesi introdussero eleganza e leziosità a partire dalla metà del Settecento furono gli inglesi a concepire i metodi di costruzione più diffusi improntati soprattutto alla funzionalità e all’efficienza, con l’eliminazione degli ornamenti considerati superflui.