Coronavirus Modena, in piazza Grande cresce l’erba

Il mancato passeggio favorisce la fioritura tra i ciottoli. E’ l’ennesimo episodio storico testimoniato dall’agorà dei modenesi

L’erba cresciuta tra i ciottoli di Piazza Grande (FotoFiocchi)

L’erba cresciuta tra i ciottoli di Piazza Grande (FotoFiocchi)

Modena, 4 maggio 2020 - Succede anche questo, ai tempi del Coronavirus: con i modenesi costretti a stare in casa salvo ragioni di necessità, la natura torna a fare capolino, indisturbata. E in piazza Grande, visto che per quasi due mesi in pochi hanno calpestato il selciato patrimonio dell’Unesco, è cresciuta l’erba. Uno scenario particolare, che forse non rivedremo più: tra un ciottolo e l’altro, i ciuffi verdi creano un curioso "effetto prato" che invade tutta la piazza. Uno dei luoghi tipici della nostra città, antico almeno quanto il Duomo medievale, testimonia così, per l’ennesima volta, un fatto come l’epidemia Covid 19, destinato ad entrare nella storia. Leggi anche Fase 2, ecco la nuova autocertificazione Del resto piazza Grande, da sempre è testimone diretta della storia della nostra città. Basta scorrere gli annali per rendersene conto. Che cos’ha visto passare questa piazza? Nel 1325, per esempio, vide arrivare uomini armati con scudi, spade e lance: festeggiavano la vittoria contro i rivali bolognesi e soprattutto portavano in trionfo una secchia sottratta ai petroniani, quella secchia che poi ispirò il celebre poema di Alessandro Tassoni. Com’era a quei tempi la piazza? Sicuramente le norme igieniche lasciavano a desiderare. Proprio lì si teneva il mercato del bestiame, e gli statuti di allora imponevano che il venerdì la piazza fosse "disgombrata di letame" che evidentemente si accumulava nel corso della settimana... E altre norme prevedevano che i fruttivendoli si astenessero dal portare con sé i loro maiali per cibarli, come evidentemente era spesso loro abitudine. Fin dalla sua nascita la piazza era il luogo deputato non solo allo svolgimento dei mercati, ma anche del gioco d’azzardo, che doveva svolgersi all’aperto in modo da essere sorvegliato dalle guardie.

Alla fine del XIV secolo giunse a Modena Nicolò III d’Este, e qualcosa cambiò: si provvide a sistemare la piazza con una nuova pavimentazione e a prendere provvedimenti che fanno capire quanto fossero diversi i tempi di allora. Forse perché era lo spazio centrale della città e donava una certa visibilità, la piazza era meta di prostitute, soprattutto nelle ore notturne: il duca le costrinse ad esercitare il mestiere in appositi bordelli, soprattutto per la loro abitudine di accendere fuochi per riscaldarsi. Accadde infatti una notte, che uno di questi falò avesse incendiato buona parte del palazzo comunale. A quei tempi, sempre nella piazza venivano eseguite le pene delle sentenze, sia quelle corporali consistenti in un numero prescritto di frustate, sia quelle di morte. Con l’arrivo dei duchi d’Este poi, iniziarono a svolgersi feste, giostre, tornei e il palio. Anche allora, come è noto, si facevano i conti con le epidemie. Nel 1630 arrivò la peste e cominciò a mietere vittime. In assenza di virologhi e immunologhi, i modenesi si chiesero il motivo per cui meritassero questo castigo. Andando per tentativi, cercarono di ingraziarsi il patrono, e iniziarono il restauro della statua di San Geminiano, sopra la porta Regia, che era andata distrutta, forse colpita a sassate dai ragazzi che si divertivano a tirare con la fionda sui leoni stilofori di questa porta. A proposito di feste, memorabile quella fastosissima per il matrimonio nel 1720 del futuro duca Francesco III con Carlotta d’Orleans. Degna di Parigi, raccontano le cronache. E poi? Tanti gli episodi, spesso tristi, che hanno avuto la piazza come teatro. Nel 1944 l’uccisione da parte dei fascisti dei partigiani Emilio Po, Alfonso Piazza e Giacomo Ulivi. Nello stesso anno, venti modenesi, prelevati dalla cerceri, fuorno fucilati dai tedeschi per rappresaglia. Qualche anno prima, nel 1936, erano sparite per sempre le variopinte tende del mercato, che venne spostato al chiuso, in via Albinelli. Restano le immagini contemporanee, come lo sproloquio di Sandrone tutti gli anni, i bolidi di casa nostra esposti nel corso degli eventi dedicati ai motori, i grandi concerti, gli addii ai modenesi illustri, come accadde per Luciano Pavarotti nel settembre del 2007. Oggi tra quei ciottoli testimoni della storia di una città, cresce l’erba. Ce ne ricorderemo, quando l’emergenza sarà finita e un altro capitolo verrà chiuso.