Da Guercino a Lana, in mostra il meglio del Seicento emiliano

In ’Corrispondenze barocche’ la Galleria Bper affianca alla propria collezione i capolavori dei Musei Civici

Migration

di Stefano Marchetti

Finalmente. Sì, finalmente possiamo tornare a ‘guardare negli occhi’ i capolavori, ad ammirarli e a gustarceli ‘a tu per tu’. "Questa mostra era pronta da novembre. Non vedevamo l’ora di inaugurarla", ammettono i responsabili della Galleria Bper che da oggi al 22 agosto apre le porte a meravigliose "Corrispondenze barocche", un viaggio nel ricco e affascinante Seicento emiliano che affianca le opere della collezione di Bper banca ad alcuni gioielli dei Musei Civici di Modena, in particolare dalle donazioni di tre collezionisti illuminati, il marchese Giuseppe Campori (1821 - 1877), il nipote Matteo Campori (1857 - 1933) e il noto commercialista e appassionato d’arte Carlo Sernicoli, scomparso nel 2007. "Questo confronto fra opere appartenenti a diverse raccolte permette di comprendere meglio l’evoluzione del linguaggio artistico dei pittori nel contesto culturale emiliano del Seicento e di ripercorrere anche la trama della storia del collezionismo a Modena", spiega la curatrice Lucia Peruzzi, storica dell’arte.

"Proprio in questo periodo le sale Campori e Sernicoli del museo sono chiuse per i lavori legati al progetto Ducato Estense, e le opere avrebbero dovuto rimanere dei depositi – aggiunge Francesca Piccinini, responsabile dei Musei Civici –. Ci è sembrato un’ottima occasione per creare un dialogo che offra anche nuovi spunti al visitatore". Un progetto come la Galleria Bper e una mostra come questa rientrano "nella responsabilità sociale e d’impresa del nostro istituto – osserva il vicedirettore generale vicario Stefano Rossetti –. Queste opere diventano un patrimonio della comunità".

Ecco allora "Apollo e Marsia" del Guercino, testimonianza intensa del naturalismo giovanile dell’artista di Cento, accanto al classicismo incantevole della bellissima tela con la "Vergine Assunta" (dalla donazione Sernicoli) del 1657. E ancora, la ‘terza maniera’ di Ludovico Lana, il suo linguaggio che negli anni si muove da Guercino a Guido Reni, dal naturalismo ombroso di "Domine, quo vadis?" al cromatismo brillante di "Erminia ritrova Tancredi ferito" (donazione Campori). Il Lana era uno degli autori prediletti alla corte Estense, e tuttavia il duca Francesco I scelse poi uno straniero, Jean Boulanger, per decorare la delizia ducale di Sassuolo: in mostra l’autore francese ci viene proposto con la figura di "Clio, musa della storia" (collezione Bper) accanto alla divertente immagine dei "Due putti che giocano con un’aquila" (Musei Civici), un chiaro riferimento alla simbologia estense.

E come non restare rapiti dalle opere di Michele Desubleo, "Atalanta e Meleagro" che rivela la sua formazione fiamminga, accanto alla celebre, splendida "Madonna della rosa". Un altro corpus d’eccezione riguarda Luca Ferrari, il suo "San Giovanni Battista" inquieto e scarmigliato, che ricorda Caravaggio, e il "Sant’Andrea", poi "Giuditta con la testa di Oloferne" che la luce trasforma quasi in una rappresentazione teatrale. E Francesco Stringa, artista ‘principe’ del secondo Seicento, con la malinconica "Fanciulla col turbante" accanto alla "Galatea sul mare", poi i capolavori di Alessandro Tiarini, "Rinaldo e Armida", ispirato alla "Gerusalemme Liberata" di Torquato Tasso, accanto alla drammatica "Decollazione del Battista", dal gioco di luce marcatamente caravaggesco. Con un tocco da maestro.