VALENTINA REGGIANI
Cronaca

Detenuto morto in carcere: "Non c’erano stati segnali. Aumentare gli operatori"

La garante Laura De Fazio sul suicidio dell’assassino di Anna Sviridenko "Le bombolette a gas? Il problema c’è, ma i fornelli elettrici costano di più. Sovraffollamento, è necessario rendere più umano l’ambiente carcerario"

La garante cittadina di Modena per i detenuti Laura De Fazio

La garante cittadina di Modena per i detenuti Laura De Fazio

Modena, 9 gennaio 2025 – Segnali pare non ne avesse ‘lanciati’. Eppure, forse schiacciato dal peso del terribile gesto commesso, si è tolto la vita inalando il gas del fornellino. Non vi sono dubbi sulla volontà suicidaria di Andrea Paltrinieri, ingegnere modenese 50enne finito in carcere un anno fa per brutalmente ucciso, soffocandola, la moglie Anna Sviridenko, mamma 40enne originaria della Bielorussia, specializzanda modello di radiologia al Policlinico e medico nucleare all’ospedale di Innsbruck. In meno di un mese e con le stesse modalità nel penitenziario modenese si sono tolti la vita tre detenuti. Sul tema interviene la dottoressa Laura De Fazio la garante cittadina di Modena per i detenuti.

C’erano stati segnali?

"Come Garante posso dire che, da un certo punto di vista, quanto accaduto a Paltrinieri non è diverso dai precedenti due casi. Si tratta di tragedie che si sono verificate nel carcere ma sono tragedie diverse tra loro. Rispetto a Paltrinieri non risulta vi sia stato alcun fattore di rischio che abbia segnalato l’evento che si è poi verificato. La cosa drammatica è che si tratta di casi che non hanno collegamenti: in uno pare non vi fosse neppure la volontà suicidaria. Nel caso di Paltrinieri non si erano palesati fattori di rischio concreti prima dell’evento drammatico, questo posso dirlo. Sicuramente si tratta di una persona che non avendo avuto precedenti contatti con il sistema penitenziario, non aveva l’esperienza che magari hanno persone tossicodipendenti che ne fanno uso più frequentemente per stordirsi. In questo senso, però, non vi sono dubbi".

Come pensate si possa arginare il fenomeno?

"Il tema del suicidio in carcere affonda le sue radici in altre problematiche, che non si riducono ad affrontare quello del fornellino a gas. I fattori di rischio sono tanti: riguardano il singolo individuo ma anche quelli ambientali legati alla carcerazione. I fattori sono stati individuati da tempo: malattie psichiatriche, abuso di sostanze, atti di autolesionismo prima di arrivare al suicidio ma, comunque, il carcere impatta in termini di rischio suicidiario. Aggiungiamo che, sicuramente, il sovraffollamento non è certo l’unico elemento ma ci sono dati statistici che correlano i suicidi con il sovraffollamento, caratteristica ambientale che favorisce questa problematica. In questa ottica diventa difficile individuare eventuali persone a rischio".

Come mai viene concesso l’utilizzo dei fornellini a gas?

"Il discorso dei fornellini a gas è già stato oggetto di discussione; soprattutto i detenuti tossicodipendenti lo usano per stordirsi, per provare euforia. Dei tre casi che ci sono stati in questo periodo, il secondo parrebbe non essere legato ad una volontà suicidaria ma ad un ricorso al fornellino che si è concluso tragicamente. Il discorso delle bombolette e del gas è già stato affrontato: i detenuti hanno il diritto di cucinarsi all’interno della cella. Il ricorso al fornellino elettrico è stato proposto ma credo che dal punto di vista economico, sicuramente, non sia possibile conoscendo le condizioni degli istituti. Immagino quindi che il tema sia questo. Il momento del pasto, la possibilità di cucinare è di grande importanza e purtroppo ciò talvolta si traduce nell’utilizzo improprio del fornellino".

Avete formalizzato proposte in qualità di garanti?

"L’Amministrazione penitenziaria ha una sua procedura di valutazione del rischio, seguita anche in questi casi come previsto. Come garanti facciamo presente la necessità di rendere più umano l’ambiente detentivo, aumentando anche il numero di operatori".