
Salvo Cotrino
Modena, 31 luglio 2025 – Ma chi l’ha detto che sono stati i social, la caduta del muro di Berlino, il crollo dei partiti sotto i colpi di Tangentopoli a scardinare la mediazione politica, a favorire l’ascesa dei populismi, accelerare l’arrivo della tanto sospirata democrazia diretta e la connessione senza filtri tra istituzioni e cittadini? La politica attraverso Facebook, Instangram, Tik Tok sono tutt’al più la conseguenza di un processo cominciato molto prima, come dimostra il caso specifico raccontato dall’ex consigliere comunale e titolare della libreria di via Canalino ’SalvoLibri’, Salvo Cotrino, uscito dal Pd e tra i fondatori di Alleanza Verdi Sinistra. La sua tesi di laurea magistrale in Antropologia e storia del mondo contemporaneo a Unimore si intitola ‘Abbiamo mangiato i bambini sbagliati – Storia e antropologia del mediatore politico emiliano’. Una ricerca sul campo – quindici testimonianze tra capi di sezione, assessori, consiglieri regionali – svolta a Modena tra l’autunno del 2023 e l’estate 2024 per scoprire se nel tempo sia esistito ed esiste ancora "un gruppo di persone che agisce da mediatore tra istituzioni e popolo, tra istituzioni e famiglie, classi sociali, gruppi di interesse economici, per facilitarne il dialogo e agevolarne la comunicazione".
Peppone e don Camillo, apparentemente in conflitto, in realtà parlano tutto sommato la stessa lingua: "Entrambi mediatori politici, ugualmente concorrenti nella costruzione del medesimo campo sociale", definibile ‘modello Emiliano’ che non nasce negli anni 60-70, ma prima, addirittura "nel luglio del 43, quando gradualmente si va organizzando l’esercito sparso della guerra di Liberazione". E si sostanzia nella lotta del lavoro contro la rendita, l’accesso alla casa per tutti, sostegni al reddito, attenzione verso i sindacati e verso le relazioni industriali in nome del progresso economico-industriale. "I mediatori politici – scrive Cotrino – sono stati una cruciale cinghia di trasmissione tra alta politica e ceti popolari, figure in grado di far precipitare l’alta politica sulla popolazione, aggiustandola, aggiornandola e contestualizzandola".
A Modena negli anni ‘70 abitano 160mila persone. A differenza di Bologna si vive un periodo di relativa tranquillità sociale dovuta al fatto che l’università conta solo 7-8mila studenti e "non aveva facoltà umanistiche che sarebbero state le più incendiarie". Contesto che diede il tempo "alle elite politiche locali del Pci e della Dc di chiamare a rapporto tutto il complesso movimento sindacale e associazionistico per tenere sempre sotto controllo e monitorata la situazione, offrendo dialogo e disincentivando le richieste della base impossibili da raccogliere", anche a costo di scontentare le frange più radicali. Dagli anni ‘80 spuntano i ‘centurioni’, segretari di sezione tutti d’un pezzo, 45 persone che conoscevano a menadito il territorio, strada per strada. Un controllo militare che consentiva di sapere in anticipo chi veniva eletto in Consiglio comunale. ‘Vabbè, era una gabbia’, verrebbe da dire. In parte sì, ma in parte denota il grado di responsabilità politica a cui poteva arrivare chi dirigeva un partito.
Quando è cominciata allora questa benedetta disintermediazione? Il piano comincia a inclinarsi già dagli anni ‘70: si cercano soluzione individuali a fronte di problemi sistemici (un insieme di orticelli non più un unico campo di lavoro), i mediatori tradizionali "perdono la loro funzione di guida" a vantaggio delle cariche istituzionali elettive monocratiche: il sindaco, il presidente della Provincia, il deputato, il senatore, il presidente della Camera di commercio (spesso riuniti nei ‘caminetti’) iniziano a contare di più dei segretari dei partiti. Pesano inoltre la modifica dei criteri di selezione dei mediatori: si punta più "sull’obbedienza che sul merito", e perde smalto il senso civico, quella cosa che un tempo "era svolta all’insegna del ’Noi ora sembra essere esclusivo appannaggio dell’io’".
Le difficoltà si trasformano in dramma dopo la morte di Enrico Berlinguer: Achille Occhetto salva il grosso della rappresentanza laddove i ’miglioristi’ come Giorgio Napolitano spingevano per un accordo con il Psi. Ma la trasformazione della Bolognina è ineluttabile: "Si tratta – scrive Cotrino – di comunicare decisioni verticali agli elettori e questo compito diventa ancora più arduo se il mediatore stesso non è d’accordo con le decisioni da trasmettere".
Stare al passo dei tempi è dura. Agli inizi degli anni 2000 per esempio c’è la crisi della legalità, vanno a rubare nel Villaggio Artigiano. Il partito però, per non correre dietro alla destra, preferisce sottovalutare l’umore delle gente, non governa l’emergenza. E perde molti voti. "Il Pci non ha saputo comprendere che il nucleo dei consensi che ancora prendeva era di gente che una generazione prima era povera, poi anche grazie a una buona amministrazione era diventata benestante e aveva sviluppato bisogni diversi, anche quello di sicurezza. E allora bisognava studiare queste cose e invece sono state affrontate con ipocrisia. I dirigenti politici si comportavano come maestrini”. In una sezione del Partito comunista della provincia "c’era un certo Colli, camionista. A un certo punto il segretario della Federazione di Modena tira le conclusioni e d esclama: ‘Compagni, dovete capire!’. Colli si alza in piedi, si toglie il berretto e dice: ‘Te dì la tua opinione, che io capisco quello che mi pare!’".