GIANPAOLO ANNESE
Cronaca

Elezioni: incognita voto disgiunto. Mezzetti, la vittoria larga fa paura . Negrini teme la vendetta ’moderata’

È possibile indicare una lista di una coalizione e il sindaco di un’altra. I candidati si guardano alle spalle. Nel Pd c’è chi preferirebbe tenere l’ex assessore regionale sotto la percentuale totale dell’alleanza .

Elezioni: incognita voto disgiunto. Mezzetti, la vittoria larga fa paura . Negrini teme la vendetta ’moderata’

Elezioni: incognita voto disgiunto. Mezzetti, la vittoria larga fa paura . Negrini teme la vendetta ’moderata’

‘Dal voto amico mi guardi iddio, che dai nemici mi guardo io’, gemono i candidati sindaco quando pensano alla possibilità del voto disgiunto, opzione democratica per elettori tormentati, ma anche per chi vuole regolare i conti all’interno di partiti e coalizioni. Nella parte del Pd cittadino che ne ha più subìto la candidatura, monta per esempio il disagio di una frangia che soffre un’eventuale vittoria in carrozza del Papa straniero Massimo Mezzetti: sarebbe la prima volta di un sindaco (quasi) esterno alla ‘ditta’ con cui dover andare a trattare le scelte nei prossimi cinque anni. La strada maestra sarebbe conquistare la maggioranza relativa dei seggi in Consiglio (l’ideale sarebbe 16 su 32, ma anche 15 sarebbe un risultato confortante), così da assicurarsi l’egemonia delle decisioni e ‘tenere in ostaggio’ il primo cittadino.

Ma una scorciatoia meno logorante sarebbe quella di augurarsi che Mezzetti vinca...ma non troppo. Che prevalga cioè, ma senza trionfare dimostrando magari, non sia mai, di avere addirittura una percentuale più alta della coalizione che lo sostiene. Perché nel caso l’ex assessore regionale potrebbe, sempre con la forza della gentilezza si intende, orientare politicamente il Consiglio comunale issandosi sulla pila dei voti presi.

La tentazione, narra la leggenda, allora è divaricare il voto, avvalendosi di una possibilità che la legge consente per venire incontro a chi magari vuole premiare il cugino candidato in una lista, ma non l’aspirante sindaco collegato. Contrassegnare cioè nella stessa scheda elettorale, all’interno della cabina dove Mezzetti non ti vede, il Partito democratico o un alleato (esprimendo le preferenze) e il nome del candidato sindaco di un’altra parrocchia. Metti che, nella più riuscita delle ipotesi di questi franchi tiratori, l’operazione vada in porto, si potrebbe ottenere una vittoria al primo turno, ma con un sindaco più debole della coalizione che lo sostiene. Oppure (gaudium magnum) arrivare al ballottaggio e comunque vincerlo, ma con un sindaco a quel punto ammaccato e con il cappello in mano di fronte all’alleanza.

Ora, nessuno tra i Dem realisticamente sostiene che il voto strabico possa sortire un qualche effetto: andrebbe organizzato in maniera militare se si considera che per spostare anche solo l’1 per cento dei consensi da una parte o dall’altra occorrono a Modena mille voti, che non sono pochi. Ma le suggestioni, i rancori, le paure, le rivalse che alimentano questo scenario circolano eccome.

Non che dall’altra parte, sia chiaro, manchino ‘pugnali nei sorrisi degli uomini’. La candidatura di Luca Negrini targata Fratelli d’Italia ha lasciato strascichi: sono bastati questi mesi per guarire le ferite? Chissà. Indiscrezioni rimandano a una pattuglia moderata che avrebbe preferito altre soluzioni e, vuoi per vendetta vuoi per convinzione personale, è pronta al ‘doppio voto’: il simbolo di un partito della coalizione a supporto di Negrini, ma un candidato sindaco di un altro versante.

È già successo. Nella scorsa elezione gli osservatori notarono che un gruppo di elettori di centrodestra aveva espresso una preferenza per il simbolo di partito, così da garantirne comunque una rappresentanza in Consiglio comunale, ma come candidato sindaco scelse di confermare Gian Carlo Muzzarelli. Ah, se le cabine elettorali potessero parlare...