"Giustizia sì, ma attenzione ai fanatismi"

La lezione di Irti e Cacciari ieri pomeriggio a Carpi "L’uomo è imperfetto, l’eccesso conduce al terrore"

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di Stefano Luppi

"Passione per la giustizia", un argomento facilmente condivisibile da tutti ha aperto molti interrogativi e riflessioni ieri pomeriggio, in piazza Martiri a Carpi, con la lezione dei grandi filosofi Massimo Cacciari e Natalino Irti. Centinaia di persone hanno ascoltato, non di rado prendendo appunti, le parole dell’intellettuale critico della sinistra e del suo collega Irti, accademico dei Lincei e docente emerito di diritto de La Sapienza di Roma. I due protagonisti hanno dibattuto appunto di giustizia e ingiustizia, diritto e morale, ribellione e giudizio, partendo dalla celebre novella ’Michael Koolhaas’ di inizio ‘800 di Heinrich von Kleist. "Il rapporto che esiste tra diritto e giustizia – hanno così introdotto il discorso i due intellettuali – come viene raccontato in questo straordinario testo di von Kleist ha anche risvolti particolarmente tragici perché dimostra che l’imperfezione umana è l’unica via possibile. Lo dimostrano proprie le vicende di questa novella scritta nel 1806 che invitiamo a leggere perché davvero è un capolavoro della prosa tedesca: modernissimo per l’epoca e per lo stile secco nonché per la durezza del dettato e la drammaticità degli argomenti trattari. Ci ha impressionati perché mette al centro all’inizio la passione per la giustizia narrando la risoluta lotta per ottenere giustizia di un commerciante di cavalli vittima di un sopruso da parte di un signorotto locale".

Ecco il sunto della vicenda esanimata da Irti e Cacciari: "Il protagonista Kohlhaas alla fiera di Lipsia per vendere alcuni cavalli ha la sgradita sorpresa di trovarsi la strada sbarrata. Il nuovo padrone delle terre, Wenzel von Tronka, ha deciso di imporre un balzello per il transito e con la scusa della mancanza di un preciso lasciapassare gli trattiene due animali in pegno. Al suo ritorno il commerciante ritrova i suoi cavalli in condizioni pietose e, alla richiesta di spiegazioni, viene trattato in modo arrogante. Decide di chiedere giustizia, ma si scontra in sede legale contro un muro di connivenze e coperture del signorotto e così cresce forte il desiderio di giustizia di Kohlhaas che decide di incendiare il castello di von Tronka uccidendo chiunque gli si oppone. Nell’inseguire il signore che era fuggito poco prima Kohlhaas forma un drappello di sbandati e semina il terrore. Diventa un terrorista, ma si ferma davanti a Lutero che promette di aiutarlo e dopo alterne vicende giunge all’Elettore del Brandeburgo e il giudizio arriva al tribunale imperiale di Berlino".

I due filosofi arrivano alla conclusione: "La vicenda però volge male e arriva la condanna a morte del protagonista: lui stesso dice però che il suo desiderio di giustizia è stato soddisfatto poiché nel frattempo anche il suo avversario è condannato per il trattamento di Kohlhaas". Il dibattito si fa acceso: "Kohlhaas non tollera la disarmonia tra le leggi e la loro applicazione: non è un rivoluzionario perché non vuole cambiare le norme, ma solo che esse siamo applicate senza discussioni. Dunque si parte da una positiva passione per le leggi visto che la norma per lui è sacra, ma questa passione giunge all’eccesso perché l’uomo e la sua società sono imperfetti e per essere perfetti devono volare delle teste. Lo si capisce bene se si pensa al Terrore durante la rivoluzione francese mentre il protagonista non comprende che il mondo può tendere alla perfezione nella giustizia senza però mai raggiungerla. La sete per una corretta giustizia conduce al terrore". Nel pomeriggio, incontrando i giornalisti, Cacciari aveva aggiunto: "C’è passione di giustizia oggi che sono palesi le ingiustizie e le disuguaglianze, soprattutto nei giovani: occorre attenzione perché appunto non si può arrivare integralmente in norme positive. Crei le condizioni per il terrore".