Gli ‘amanti di Modena’ sono due uomini

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MANO NELLA MANO da un millennio e mezzo. Un gesto tra i più puri e romantici consegnato ai posteri come testimonianza di un amore che prosegue oltre la morte. Gli ‘amanti di Modena’ nascondono un retroscena eccezionale scoperto dai ricercatori e docenti di Unimore e Unibo grazie a una serie di studi all’avanguardia: i due scheletri rinvenuti dieci anni fa durante gli scavi di una necropoli tardo-antica (IV-VI sec. d.C.) di Modena (tra via Ciro Menotti e via Bellini) appartengono a individui di sesso maschile. La notizia del ritrovamento della coppia nel 2009 fece il giro del mondo e nonostante la pessima conservazione delle ossa, si iniziò a parlare di un uomo e una donna sepolti insieme nell’atto di mostrare simbolicamente il loro amore eterno. Inaffidabili anche le analisi genetiche condotte ai tempi che lasciarono, di fatto, il mistero irrisolto, mantenendo la narrativa sugli amanti inalterata fino ad oggi.

CONCLUSI gli scavi archeologici nella necropoli a due passi dal centro storico cominciò una fase di restauro e valorizzazione a Ravenna, terminata nel 2014 con l’esposizione degli amanti nelle sale del Museo Civico Archeologico Etnologico. Ma ecco, a distanza di cinque anni, il finale a sorpresa che non ha eguali al mondo (in letteratura non esistono altri casi di sepolture con due uomini deposti mano nella mano). Fondamentale lo sforzo di un team tutto italiano, coordinato dal ricercatore carpigano (classe ’90) Federico Lugli, che comprende membri dei Dipartimenti di Scienze Chimiche e Geologiche, Scienze della Vita (con Giulia Di Rocco) e il Centro Interdipartimentale Grandi Numeri dell’Università di Modena e Reggio Emilia insieme al Dipartimento di Beni Culturali dell’Ateneo bolognese, nello specifico del Laboratorio di Osteoarcheologia e Paleoantropologia diretto dal professor Stefano Benazzi. Ma come si è arrivati alla clamorosa scoperta? Per giungere finalmente ad una risposta dopo innumerevoli tentativi tradizionali andati a vuoto, i ricercatori hanno deciso di utilizzare una nuova tecnica basata sull’analisi dello smalto dentale. Applicando questa tecnica, gli scienziati si sono concentrati sui reperti dentali dei due ‘amanti di Modena’ insieme a quelli di altri 14 individui selezionati come campione di controllo, dimostrando così che la coppia rinvenuta nella necropoli modenese sono entrambi di sesso maschile.

«Il successo del metodo di analisi che abbiamo utilizzato rappresenta una vera rivoluzione per questo tipo di studi», spiega Antonino Vazzana, ricercatore dell’Università di Bologna. «Questa tecnica può rivelarsi determinante per la paleoantropologia, la bioarcheologia e anche l’antropologia forense in tutti quei casi in cui il pessimo stato di conservazione dei resti rende impossibile determinare il sesso a livello osteologico».

Resta da capire il tipo di legame che intercorreva tra i due: non è escluso, infatti, che potesse trattarsi di amici o parenti più o meno prossimi.