
Il fotografo modenese nel ’45 aveva 12 anni: "Ero in giro con gli amici. Vedemmo arrivare la colonna militare preceduta da una jeep. I soldati erano allegri, ci regalarono cioccolata e carmelle".
Quel gruppo di bambini abituati a giocare in una città cupa e impaurita mentre la guerra ballava tragicamente intorno a loro, quel giorno non sapeva di vivere una pagina di storia. Domenica 22 aprile 1945, Liberazione di Modena. Sette amici sgranarono gli occhi come se fosse comparsa la Madonna. Videro arrivare gli americani. Tra di loro c’era anche Beppe Zagaglia, classe 1933, il professionista che con le sue fotografie da decenni racconta angoli e personaggi della città.
Come andò quel giorno? "Era una domenica mattina piena di sole. Abitavo in via della Pace, allora prima campagna a ovest di Modena. Con i mie amichetti, tutti tra gli 8 e i 12 anni, eravamo usciti a giocare. Avevano sentito dire che c’erano gli americani in arrivo".
Il flash rimasto impresso nella mente? "Su via Giardini, sterrata e polverosa, vedemmo arrivare una colonna di mezzi militari. Davanti c’era una jeep, in piedi un soldato, alto, dal portamento fiero. Poi rimanemmo stupiti da un altro militare che seguiva su un’altra jeep".
Perchè? "Era un gigante nero, anche lui ritto in piedi. Noi bambini non avevamo mai visto un uomo di colore. Sorrideva e quando ci avvicinammo ci lanciò caramelle e cioccolate. Poi il chewing gum che non sapevano nemmeno cosa fosse. Io lo inghiottii, ma appresi in seguito che era gomma da masticare".
Fino al giorno prima si combatteva sulle montagne. "La sera del 20 aprile in direzione di Serramazzoni, la montagna era un inferno di bombe, scoppi, incendi. Il cielo divenne rosso fino a notte fonda. Erano gli ultimi lampi di guerra".
In città cosa stava succedendo? "I tedeschi se l’erano filata. Erano rimasti alcuni repubblichini che ingaggiarono scontri a fuoco isolati con i partigiani. Il mio amico Paolo Marenzi, che poi divenne un musicista geniale, mi raccontò che alla domenica mattina il parroco rimandò a casa sua madre e sua nonna dirette a messa. ’Via, via qui sparano...’ Erano dalle parti dell’ ospedale S. Agostino. Intanto gli Alleati arrivarono in città anche dalla via Emilia con i carri armati Sherman".
Il giorno dopo? "Modena era liberata, si riprendeva a vivere. Il vescovo Cesare Boccoleri dopo una benedizione parlò alla gente davanti all’arcivescovado".
Quando ci fu in città la festa della Liberazione? "Il 30 aprile il Cln organizzò una sfilata in centro. La gente corse in massa, una confusione pazzesca. Mio padre mi avvertì: non ti azzardare ad andare in città. Ovviamente io e i miei amici carichi di curiosità andammo ugualmente".
Cosa vedeste? "Sfilavano i partigiani e reparti soldati italiani, c’erano tante donne anch’esse in armi, la gente era impazzita di felicità sapendo che la guerra era finita. Ma vidi anche scene tragiche".
Cosa? "I partigiani fecero sfilare con la testa rasata in segno di sfregio anche diverse donne che avevano aderito alla Repubblica sociale di Mussolini. Ausiliarie, un’ interprete, altre accusate di collaborazionismo. Molti tra la folla le picchiavano, gli sputavano addosso. Io d’istinto mi misi a piangere nel vedere tanta violenza". Le truppe alleate lasciarono fare? "Compresero che la gente aveva necessità di sfogare la rabbia per ciò che aveva patito. I soldati americani osservavano in silenzio sulle loro camionette attorno alle quali si erano radunate molte ragazze con cui scherzavano".
Che rapporto c’era tra i soldati e la popolazione che viveva a Modena? "La gente li accolse con gratitudine, gli americani erano molto gioviali. A noi ragazzini chiedevano di indicare loro le case di tolleranza. Informazioni in cambio di cioccolata e caramelle".
E’ vero che gli Alleati allestirono perfino un cinema? "In via Gian Maria Barbieri, nella zona Sigonio, alle porte del centro storico, montarono un tendone e una volta alla settimana proiettavano un film di solito con temi allegri. Noi bambini, come quasi tutti, non capivamo una parola, ma ci divertivamo lo stesso".