
La ’lezione’ di 60 anni fa torna attuale ora: allora non c’era la pandemia Covid, ma per andare a scuola si dovevano affrontare altri ostacoli, insidie che oggi hanno dell’incredibile. Sui social sta spopolando la foto del 1959 che ritrae sette bambini che abitavano alla Berleda di Guiglia, borgata del fondovalle, lambita dal fiume Panaro, che per recarsi a scuola dovevano attraversare il fiume appesi a una rudimentale mini teleferica, un cavo metallico che univa le due rive, alla quale si appendevano aggrappati a una carrucola.
Questo, perché la borgata non aveva collegamenti con la vicina strada provinciale: era separata dal fiume che gli scolari dovevano superare due volte al giorno. Avrebbero potuto andare a scuola a Guiglia, ma il tragitto era lunghissimo e allora non c’erano servizi di trasporto pubblico. "Non devono spaventare le restrizioni introdotte ora nelle scuole, noi abbiamo vissuto tanti sacrifici e affrontato pericoli per poter studiare".
Parole incoraggianti queste di Carmen Maestri, che ora abita a Montese, uno dei bambini ritratti nella foto appesa a una carrucola. Anche Vasco Rossi, ieri mattina ha pubblicato nella sua pagina Facebook quest’immagine, con il saluto per l’inizio dell’anno scolastico ricordando che la scuola, per quei ragazzi, "era l’unico ponte per aggrapparsi al futuro".
Carmen Maestri snocciola i nomi dei bambini ritratti in quell’immagine ormai d’epoca. "Quella sono io e queste sono le mie sorelle, i miei cugini, la mamma con due di loro sulle gambe. Avevamo paura – racconta –. La mamma si raccomandava di stare molto attenti, di non guardare mai l’acqua, per evitare che ci girasse la testa con il rischio di cadere nel fiume. Noi stavamo aggrappate con forza alla carrucola. Per fortuna, il viaggio durava qualche minuto. D’inverno avevamo molto freddo quando attraversavamo il fiume. Talvolta c’erano piene molto grosse e dovevamo tenere le gambe sollevate il più possibile perché l’acqua ci bagnava il sedere. Quanta fatica facevamo a far scorrere, con le mani, le carrucole nella corda di ferro, e quando l’aria era gelida ci facevano un gran male".
Assai spesso, mamma Fernanda saliva sulla ‘ teleferica’ assieme ai bambini: "Due – racconta Carmen – se li metteva sulle gambe e tutti e tre si tenevano stretti alla carrucola".
Alla Berleda, allora, abitavano tre famiglie. "Una volta – racconta Carmen –, si strappò la carrucola alla quale era attaccata mia zia che cadde nell’acqua: per fortuna non si fece niente. Mio padre, quando l’acqua non era molto alta, attraversava sul suo cavallo".
Dopo aver oltrepassato il fiume, ed essere giunti sulla sponda a pochi metri dalla strada provinciale, gli scolari nascondevano la carrucola sotto gli sterpi per evitare che qualcuno potesse rubarla. Carmen ha utilizzato la teleferica tutti i cinque anni delle elementari. "Il primo anno – ricorda – dopo aver passato il fiume, a piedi, raggiungevamo il Ponte di Samone dove c’era la scuola in località Garetta. Poi, il Comune di Marano mise a disposizione una stanza in una casa di mio zio a Ponte Rio, sempre di là dal Panaro. Frequentavamo quella scuola in 12 o in 13 e le maestre venivano da Vignola. A dare gli esami andavamo a Festà". E si usava la ‘teleferica’ anche per andare dal medico.
"Quando noi bambini eravamo ammalati, per portarci a una visita a Vignola o a Marano, ci mettevano dentro a una cesta, che attaccavano alle carrucole, e così passavamo il fiume". Questo pericoloso marchingegno ha funzionato fino a quando, nel 1987, l’Amministrazione provinciale di Modena, in quel luogo, costruì un ponte in ferro tuttora in uso. La tenacia dei bimbi della Berleda, a scuola nonostante le difficoltà, è un incoraggiamento per le nuove generazioni e sui social è presa da esempio.
Walter Bellisi