
di Roberto Grimaldi
Venerdì è stato il suo ultimo giorno di servizio: Pierpio Cerfogli, vice direttore generale e chief business officer di Bper Banca, dopo 40 anni è arrivato alla conclusione del suo percorso.
Modenese, manager tra i più conosciuti dalla clientela della banca, ha sicuramente lasciato un’impronta positiva in Bper. Basti pensare che qualche giorno fa, nel corso di una riunione del personale dirigente, Cerfogli ha ricevuto parole di vivo apprezzamento da parte della direzione generale: è stato ricordato come egli abbia contribuito con successo, grazie all’impegno professionale e all’attaccamento all’azienda, all’importante cammino compiuto dalla banca negli ultimi decenni.
In Bper ha ricoperto, dal 2004, il ruolo di direttore commerciale, poi è divenuto direttore centrale e direttore commerciale di gruppo, quindi vice direttore generale di Bper Banca dall’aprile 2014. Significative le esperienze esterne: tra il 2013 e il 2014 è stato prima Vice Direttore Generale Vicario, poi Direttore Generale di Banca della Campania. Cerfogli, com’era l’allora Banca Popolare di Modena quando è stato assunto?
"Parliamo del 1981. Venni assunto all’agenzia 2 in viale Amendola come cassiere. Avevo il diploma da ragioniere, nel corso degli anni riuscii poi a laurearmi in Economia e commercio. Era un periodo di grande espansione economica. La banca cresceva di pari passo con il tessuto imprenditoriale del territorio. E negli uffici si respirava un’atmosfera di positiva collaborazione. Questo clima costruttivo favoriva i rapporti con i clienti: un valore aggiunto che abbiamo sempre cercato di mantenere intatto".
Che cosa veniva valutato allora in un neo assunto?
"La prima cosa che dovevi dimostrare era la disponibilità e la cortesia, nei confronti dei clienti ma anche nei rapporti con i colleghi. Contava davvero, insieme con la necessaria competenza tecnica".
Adesso invece cosa si richiede?
"Il lato umano è ancora importante. Ma dal punto di vista delle conoscenze, mentre allora contava molto la preparazione generale, adesso si va verso una specializzazione. Chi entra in banca deve già sapere di cosa vuole occuparsi".
E’ vero che allora per concedere un finanziamento a un imprenditore bastava una stretta di mano?
"Diciamo che contava molto la valutazione soggettiva. Conoscevamo la storia dell’imprenditore, l’avevamo visto nascere, e questo era importante per concedere fiducia. Un approccio che poi, negli anni della crisi, ha determinato alcune criticità. Allora si è passati ad un’analisi più oggettiva del cliente, basata anche sulla valutazione di indicatori economici ben precisi. Ma qualcosa sta cambiando".
In che senso?
"Stiamo trovando un nuovo punto d’equilibrio: giusto valutare parametri oggettivi, ma la conoscenza personale resta un elemento importante. L’abbiamo riscoperto dopo la pandemia: i dati numerici del passato contano fino a un certo punto, si è interrotta in diverse situazioni una linearità progressiva. Abbiamo dovuto rimetterci al tavolo per capire quali indicatori possano aiutare un’analisi in prospettiva sul domani dell’azienda. E’ giusto guardare il settore in cui si muove, ascoltare quali progetti ha in mente l’imprenditore, quali sono gli scenari futuri".
Professionalmente qual è stata la sua soddisfazione più grande?
"Il passaggio decisivo è avvenuto quando sono andato a fare il direttore generale in Banca della Campania e poi sono rientrato alla base come vice direttore generale".
C’è un aspetto della banca di cui è orgoglioso?
"Sì. Posso dire che in Bper l’attenzione nei confronti delle persone è sempre stata l’elemento determinante".
Lei ha scritto un libro dal titolo ’2030: The Bank Onlife’. Di cosa si tratta?
"E’ un saggio narrativo che descrive i modelli di servizio della banca di oggi e di domani utilizzando il concetto di onlife del filosofo Floridi, ovvero una nuova esistenza in cui la barriera tra reale e virtuale viene ridefinita. In altre parole, non ci sarà più differenza tra online e offline, ma vivremo un nuovo possibile equilibrio fra tecnologia e relazione umana. Non più solo un’alternativa tra acqua dolce o acqua salata, per fare un esempio, ma un’esperienza ibrida, un po’ come quella dell’acqua salmastra. Il futuro è già qui".