L’autunno del Medioevo è una fiaba firmata Cristiana Minelli

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C’ERA UNA VOLTA…Un re? Col cavolo! C’era una volta una brocca. Anzi, c’era almeno due volte, se è vero – come sosteneva Giorgio Manganelli – che un luogo è un linguaggio. E, dunque, essere rinchiusa tra broccati e preziose suppellettili dentro un cassone nuziale anglofono non è la stessa cosa che trovarsi in un altrettanto dovizioso ma più domestico cassone italiano. Sentiamo un po’ cosa ne pensa la brocca: «I don’t agree with this», it said. «I’m not staying here». Ehm, scusate, capisco l’imbarazzo: una brocca che parla inglese non è affare di tutti i giorni. Ma qui siamo nel regno delle favole, poliglotte per natura: «Non sono d’accordo – disse – io qui non ci resto» sbotta dunque la brocca, in perfetto italiano, nelle prime righe di «Come angeli che han messo le ali», il racconto di Cristiana Minelli che accompagna come un viatico fiabesco la mostra «L’autunno del medioevo in Umbria. Cofani nuziali in gesso dorato e una bottega perugina dimenticata», a cura di Andrea De Marchi e Matteo Mazzalupi. Il bilinguismo della brocca e di tutti gli altri personaggi – principi e forchette, maghi e manicotti d’ermellino, fantesche e merli zoppi – che si animano al soffio fiabesco della scrittura non è dovuto a un sortilegio, ma al fatto che il volume edito da Aguaplano (56 pagine, 12 euro) e illustrato da Bimba Landmann offre anche la versione inglese del testo.

L’idea di coinvolgere Cristiana Minelli, scrittrice e giornalista modenese, commissionandole la stesura di una fiaba che avvicinasse anche i più piccoli alla rassegna è venuta a Marco Pierini, per anni a capo della Galleria Civica di Modena e attualmente direttore a Perugia della Galleria nazionale dell’Umbria che ospita la rassegna, aperta dal 21 settembre al 6 gennaio dell’anno prossimo. Come sottolinea Silvia Tomasi, il percorso espositivo «ci racconta attraverso un cospicuo numero di rari cassoni di area geografica umbra una nuova storia attributiva, riportando in luce una semicancellata maestranza di legnaioli e artisti perugini». Ma ecco che fra danze di candele e mormorii di tende, liuti sentenziosi e segreti affidati a misteriose pergamene, da quei cassoni germoglia una leggera sarabanda, un vortice barocchetto di mormorii, rimbrotti, incantesimi e sospiri che fa da coro a un amore perduto e a un nuovo amore che – sulle fondamenta d’un matrimonio combinato – forse nascerà fra il principe quasi azzurro e la bella, lacrimosa principessa. «Mi è bastato immaginare me stessa dentro uno di quegli antichi cassoni nuziali dal coperchio istoriato» spiega Cristiana «per vedere animarsi il mondo di oggetti preziosi, a volte spocchiosi, che contenevano». E così, tra metamorfosi degne di Merlino ne «La spada nella roccia» e oggetti che si animano come in «Fantasia», anche l’autunno del Medioevo può trasformasi in fiaba.

Roberto Barbolini