
Le celebrazioni a Montefiorino hanno consentito di ricostruire il valore di Grisi "Abile comandante partigiano, ma il suo passato fascista non gli fu perdonato".
Solo le ricerche storiche lo hanno avvicinato al padre Vittorio, un padre che il figlio Giancarlo non ha mai conosciuto. Lo vide una sola volta per cinque minuti al sanatorio di Gaiato pochi giorni prima della morte nel 1950, dove era stato ricoverato per tubercolosi dal 1947. Dei suoi sentimenti, dei suoi pensieri, della sua vita e del suo ruolo nella Resistenza modenese ne cominciò a sapere solo quando, raggiunta la pensione, pur vivendo lontano negli Stati Uniti, si dedicò a colmare quel vuoto biografico e spirituale che anche la madre gli celò per risparmiare a Giancarlo e al fratello Claudio l’onta della vergogna.
"Durante la mia vita – dice Giancarlo Grisi – mia madre mi ha parlato di mio padre saltuariamente rispondendo alle mie richieste". Oggi ottantunenne ne chiede la piena riabilitazione e la restituzione al padre Vittorio di quell’onore che gli furono negate non tanto dalla storiografia ufficiale – in quanto è unanimemente accertato che era uomo capace di autentiche imprese patriottiche e partigiane dovute alle sue indubbie doti militari e ai trascorsi da irredentista trentino (fu amico di Cesare Battisti e Damiano Chiesa) negli alpini fin dalla prima Guerra Mondiale che gli valsero una medaglia d’argento – quanto piuttosto dalla narrazione di Anpi di Modena sul periodo resistenziale: Vittorio Grisi cancellato. "Mi ricordo – confida Giancarlo - che qualche volta, alla scuola superiore ho detto ai miei amici che mio padre era stato un comandante partigiano. Si mettevano a ridere, mi chiedevano se me lo ero inventato. Cominciai a dubitare fortemente di quello che mia madre mi aveva detto. La prima volta che ho scoperto la verità e stato dopo la morte di mia madre nel novembre 1973".
Ora, a Montefiorino, dove fu il primo ad entrare come capo di stato maggiore dell’esercito partigiano nel marzo 1945, liberata per la seconda volta dai nazifascisti, ieri la vicenda di Vittorio Grisi – nome di battaglia Gringo – è riemersa nel corso delle celebrazioni per gli 80 anni della Liberazione con una intervista che il professor Luciano Ruggi, già preside della scuola media locale e appassionato di storia della Resistenza in montagna, ha fatto al figlio. "Verso la fine della guerra – riferisce Ruggi – la divisione partigiana di montagna alla quale lui si era unito, pur risiedendo a Carpi e facendo parte del secondo CLN locale come comandante di piazza, venne un po’ modificata nel senso che divenne più militare che politica".
La sua abilità di comandante trova riconoscimento anche nelle parole che Gorrieri scrisse nel 1966: "Anima del nuovo comando fu il maggiore degli alpini Vittorio Grisi (Gringo) di Carpi, simpatizzante socialista, che aveva raggiunto le formazioni di montagna poco prima. Attivissimo, dotato di notevole spirito organizzativo egli esercitò di fatto il comando di divisione". Nonostante questo, il nome di Vittorio per settanta anni era come scomparso dalla storia della Resistenza. "Probabilmente – scrive Claudio Silingardi - nel 2014 – emerge il suo passato fascista (da militare partecipò anche alla Guerra di Spagna) e cala il silenzio su di lui", un silenzio che Anpi non ha ancora rimosso, sebbene il figlio più volte si sia rivolto alla dirigenza Anpi modenese e nazionale per ottenere un riconoscimento del ruolo del padre.