
Scopri la storia della ragazza di Ancòn, la sua mummia e il rituale sacro in una mostra al Museo Civico fino al 2025.
La ragazza di Ancòn aveva forse soltanto 16 anni, o 18 al massimo. Visse tra la fine del ‘300 e l’inizio del ‘400 sulle coste del Perù, in quel Sudamerica che ancora era sconosciuto a noi europei, terra vergine, inesplorata. E morì strangolata, magari sulla riva della baia, su quell’oceano a cui si affacciava ogni giorno: "Venne probabilmente sacrificata in un rituale sacro, come offerta alle divinità per scongiurare inondazioni causate dalla corrente El Niño, terremoti o altre calamità", spiega Ilaria Pulini, antropologa culturale di lunga esperienza, già responsabile del Museo Civico Archeologico.
Della ragazza di Ancòn non conosciamo il nome, anche se lei ‘abita’ con noi già da quasi 140 anni: già dalla fine dell’800 la sua mummia, perfettamente conservata, è infatti entrata nelle collezioni comunali, ed è ora la protagonista dell’affascinante mostra multimediale ’Genti di Ancòn’ (a cura di Ilaria Pulini, Maria Elena Righi e Cristiana Zanasi) che sarà inaugurata oggi alle 17 al Museo Civico e si potrà visitare fino alla data del 29 giugno 2025.
Prima ancora di essere una mostra, questo è un racconto di storie e di storia. Nel 1882 la Regia Corvetta Vettor Pisani salpò da Venezia, diretta verso l’America meridionale, e a bordo c’erano anche due giovani ufficiali modenesi, Antonio Boccolari e Paolo Parenti. In quel viaggio epico, documentato da diari, affrontarono tempeste, visioni fantastiche (come la fosforescenza delle acque oceaniche), rimasero incantati dagli sbuffi delle balene, catturarono uno squalo balena. E approdarono anche alla costa centrale del Perù, dove ad Ancòn esplorarono una necropoli precolombiana e... portarono a casa alcuni reperti, otto teschi, oggetti dei corredi funerari e una mummia, ancora fasciata – come in un fardello – secondo le tecniche di sepoltura delle sue genti, oltre a mammiferi, uccelli e molluschi. Al rientro a Modena, donarono tutto questo materiale al Museo Civico che, con Carlo Boni, aveva avviato una sezione etnologica.
Le indagini di Robin Gerst della Goethe-Universität di Francoforte e di Mirko Traversari, paleopatologo dell’Università di Bologna, hanno permesso di restituire un’identità alla ragazza di Ancòn. La sua mummia è esposta dietro a un velo, su cui – grazie a un’emozionante ricostruzione multimediale, con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, grande novità di questa mostra – compare lei che ci guarda, occhi negli occhi: sembra arrivare da un mondo lontano, smarrita, forse persa nei suoi pensieri, mentre cammina sulla riva dell’oceano per l’ultima volta. Di lei sappiamo che era stata sepolta rannicchiata, in posizione fetale, ed era avvolta da tessuti di cotone e di lana, sappiamo pure che era piccolina ma di corporatura florida, "e le ricerche hanno individuato una fitta trama di tatuaggi su un suo braccio, quasi a richiamare i decori dei tessuti", aggiunge Cristiana Zanasi.
Grazie ai videomapping, la mostra che sarà inaugurata oggi al Museo Civico ci porta idealmente a bordo della Vettor Pisani (anche con la ricostruzione del laboratorio di bordo) e ci accompagna nelle varie tappe della sua navigazione, portandoci idealmente in quella Ancòn che ancora non aveva conosciuto neppure gli Inca.
"Questa mostra prosegue un percorso di riscoperta e valorizzazione delle raccolte archeologiche acquisite dal Museo a fine ‘800", sottolinea Francesca Piccinini, direttrice del Museo Civico. "Ed è bello che si provi a trasformare queste scoperte in momenti esperienziali, con un’interazione di nuovi linguaggi", interviene infine l’assessore comunale alla Cultura Andrea Bortolamasi in merito all’esposizione. Gli occhi della ragazza di Ancòn raccontano insomma una storia che parla anche al nostro cuore.