MARIA SILVIA CABRI
Cronaca

"La vita è un’odissea per approdare all’amore"

Lo scrittore Alessandro D'Avenia incanta il pubblico a Modena con 'Resisti, cuore', riflessioni sull'odissea quotidiana e l'importanza di resistere per ri-esistere.

Lo scrittore Alessandro D'Avenia incanta il pubblico a Modena con 'Resisti, cuore', riflessioni sull'odissea quotidiana e l'importanza di resistere per ri-esistere.

Lo scrittore Alessandro D'Avenia incanta il pubblico a Modena con 'Resisti, cuore', riflessioni sull'odissea quotidiana e l'importanza di resistere per ri-esistere.

Ha incantato il pubblico del teatro Storchi a Modena, ieri sera, con ‘Resisti, cuore. La nostra odissea quotidiana dai naufragi alla terraferma’. Lo scrittore Alessandro D’Avenia, nell’ambito del ‘Learning More Festival’, ha presentato lo spettacolo tratto dal suo ultimo libro, ‘Resisti, cuore’, restituendo una dimensione eroica al quotidiano, fondamentale per un’educazione di gioia e speranza.

‘Resisti cuore’: a quale battaglia?

"A tutti i tradimenti cui sottoponiamo la nostra vita. Il cuore è da sempre la metafora del centro unificante dell’essere umano. Se non siamo tutt’uno lì, ci disintegriamo, in noi stessi e dagli altri. Pur di esistere un poco agli occhi degli altri, ricevere un po’ di amore e di riconoscimento siamo disposti a tradire la nostra vita autentica, fingendo di esistere, abbandonandoci a quelle che chiamo illusioni di destino, vite che non sono la nostra. Ma il cuore sa.

Si tratta di tornare a parlargli, di contattare la verità su noi stessi, e poi farla fiorire da dentro.

È il viaggio di Ulisse, è il viaggio di ogni uomo, è il viaggio che mi trovo a fare da 47 anni".

Resistere o ri-esistere? "L’Odissea mi ha fatto capire che resistere è ri-esistere. Le sconfitte che la vita ci impone o le illusioni cui noi stessi ci abbandoniamo provocano dolore, che è sintomo di vita che vuole guarire. Se ignoriamo il dolore o ci abituiamo a convivere non evolviamo, non guariamo, anzi ci ammaliamo. Lo vedo nella mia vita e in quella dei miei studenti: o si parte da ciò che ti fa star male per esistere in modo nuovo, o continuerai a fuggire da te stesso nelle due modalità che condannano l’uomo all’infelicità: l’impotenza di fronte alla vita o l’utopia, la fuga in altri mondi artificiali. Ed è quello che succede oggi a molti ragazzi". Qual è la sua ‘Odissea quotidiana’?

"L’Odissea è l’unica opera cui diamo dignità di sinonimo di vita. La vita è un’odissea perché ogni giorno, come Ulisse, siamo chiamati a liberarci di guerre non nostre, resistere alle illusioni di destino, trovare la terra ferma dove siamo riconosciuti e amati quando agli occhi del mondo sembriamo nessuno. E allora la mia odissea quotidiana è fatta di una continua messa a punto dell’amore: amare e lasciarmi amare sempre meglio, che è il risultato dei tre movimenti di Ulisse nella sua storia. La vita è un’odissea perché la via dell’immortalità, cioè della felicità, è nella mortalità. La morte si vince da dentro la vita. Non mi accontento di essere vivente, quello lo sanno fare anche le piante, voglio essere vivo".

Con quali mezzi possiamo approdare alla nostra Itaca?

"Ci vuole un destino chiaro. Ciascuno di noi lo ha ma non tutti riusciamo a contattare il nucleo da cui può sbocciare. Infanzia e adolescenza e quindi famiglia e scuola servono a questo, a ricevere quella cura e quello sguardo sul mondo che ci fa scoprire la nostra vocazione, la nostra originalità. L’educazione è la strada per approdare.

La terra ferma si può scoprire grazie a un dolore, una malattia o grazie a un grande amore per qualcosa o qualcuno".