Da queste parti si viene per la buona cucina della Rana, una delle ultime trattorie superstiti, elogiata anche da Luciano Pavarotti, in particolare per le inimitabili tagliatelle, frequentata nottetempo da artisti e galleristi di nome, fin dagli anni Settanta. Siamo a Marzaglia Nuova, nei pressi dell’Oasi naturalistica Colombarone, una riserva di 50 ettari, che confina con il fiume Secchia, dove nidificano folaghe, gallinelle d’acqua, aironi cenerini, svassi. Ma non solo, oltre alla buona cucina, questa è anche terra di Lambrusco, con i suoi filari ordinati che ne disegnano le linee, meridiani e paralleli di una campagna verde e rigogliosa, dove si cela una piccola e virtuosa cantina, con un Lambrusco che macchia la tovaglia, di quelli che piacciono a me. Dopo un periodo accanto al nonno Giovanni, fondatore della cantina nei difficili anni del Dopoguerra e allo zio Enzo, oggi è il nipote Emanuele a guidare l’azienda agricola Iori, continuando con entusiasmo nel solco della tradizione, ma mettendoci del suo per innovare e per fare bene. I 3,5 ettari di terreni fertili di origine alluvionale, destinati ai vigneti, coltivati in lotta integrata, con una favorevole esposizione al tiepido sole di mezzogiorno e alle nebbie che favoriscono l’attenuarsi delle temperature invernali, danno origine a una produzione che esprime i vini tipici del territorio, a partire dal Lambrusco Grasparossa, al Salamino, al Sorbara, al Trebbiano, al Grechetto, al Malbo, alla Fortana. E l’assaggio del Grasparossa in purezza ‘Il Gigante’, dalla cui grafica è facile intuire i tratti del fondatore, non delude. Un bel colore granata, con profumi di fragoline di bosco, lampone, ribes, che al palato si rivela stimolante, insieme a una bolla scattante e a un sorso fresco, vivace, energico, con note di mora, equiseto, marasca, prugna matura, a caratterizzare un calice decisamente espressivo. La migliore delle opzioni a tavola? Un piatto di sontuose e fiere tagliatelle al ragù, magari della Rana.
Luca Bonacini