
di Stefano Luppi
"Mio figlio Francesco – spiega la mamma, Piera Clò – è entrato definitivamente nel centro residenziale per disabili Mario Del Monte nel dicembre 2019. Dalle difficoltà iniziali aveva fatto molti passi avanti: prima della pandemia giocava a basket e cantava nel coro Ologramma di Modena, spesso in occasioni come il Festivalfilosofia. Ora, a causa della sospensione di tante attività importanti del centro, Francesco e i suoi compagni hanno subito gravi contraccolpi e temo anche che possa tornare in carrozzina visto che aveva problemi di deambulazione. Inoltre lo vedo pochissimo e ciò peggiora la sua situazione: il 9 marzo scorso ha compiuto gli anni da solo". Francesco, 32 anni, è un ragazzo fragile, psicologicamente e fisicamente, ospite con altre 14 persone dai problemi vari presso il centro del Comune che affaccia sul parco XXII aprile. La signora Clò si fa portavoce dei congiunti degli altri ospiti e trasmette il disagio molto forte che in questi mesi avrebbe interessato chi vive assistito lì.
A febbraio, purtroppo, la totalità ha contratto il coronavirus – così come una decina di operatori lì presenti – e uno di loro, Davide, non ce l’ha fatta. È morto poche settimane fa, con il virus che ha avuto il sopravvento su un fisico forse già debole di suo. Inoltre questi assistiti in rsa, nonostante per loro l’ok alla vaccinazione risalga a metà febbraio, non hanno ancora fatto il vaccino pur essendo altamente fragili. Il vaccino stesso ora si allontana perché la norma prevede attendano tre mesi dalla negativizzazione.
La mamma di Francesco e gli altri genitori in una lettera a cui il gestore Gulliver presto risponderà chiedono "sia fatta luce sulla carenza di tamponi di controllo agli operatori, l’unico veicolo involontario del Covid dentro la struttura". E continua: "Nonostante la buona volontà degli operatori purtroppo notiamo che la salute psichica degli assistiti è molto provata da un distanziamento così drastico. Come dicevo abbiamo lavorato a fondo per migliorare la situazione di Francesco, ma da mesi riesco a vederlo pochissimo e quasi solo in video. Oppure a distanza dal cortile, come ieri: poverino, si è affacciato dalla finestra e pareva in carcere. Noi parenti subiamo uno strappo lacerante". La mamma e gli altri parenti e tutori legali degli ospiti raccontano una situazione che vedrebbe pochi tamponi e un virus che si è diffuso colpendo praticamente tutti in quella struttura: "Al Charitas Asp di strada Panni – continua la portavoce – hanno 80 ospiti e la gestione nel corso dell’anno di pandemia è stata ben differente. Ci risulta che da loro il controllo sanitario sia stato più stretto e continuo mentre da noi purtroppo è scoppiato il focolaio e per un ospite è finita tragicamente. Inoltre noi genitori siamo stati praticamente estromessi con pochissime visite contingentate e quasi sempre per via digitale. Almeno per gli ospiti che riescono a collegarsi via video. Ma quelle persone, tutte adulte, sono private dalle uscite in esterno e dagli affetti dal vivo. È terribile". La situazione continua a non essere semplice e in queste ore verrà fatto un altro giro di tamponi visto che numerosi ospiti sono ancora positivi, così come alcuni operatori. Gli ospiti, qui residenti in stanze doppie con bagno, per lunghe settimane sono stati costretti a stare nella propria camera e la situazione non si presenta semplice neppure oggi. "Noi vogliamo chiarezza su quanto è accaduto – termina la signora – e per questo ci siamo appoggiati alla Associazione nazionale famiglie persone con disabilità intellettive relazionali-Anffas. Abbiamo scritto al sindaco Muzzarelli e all’Ausl. Auspichiamo che le cose migliorino a breve e che al Centro attivino una stanza degli abbracci per i nostri figli".