Morta schiacciata dal macchinario. Chiesti 2 anni di condanna e multa. Il compagno: "Giustizia per Laila"

Manuele Altiero nel 2021 rimase solo con una figlia piccola: "Mai ricevuto scuse, la rabbia non passa". A processo il nipote del titolare che si è difeso in udienza: "Non ero io il responsabile della sicurezza" .

Morta schiacciata dal macchinario. Chiesti 2 anni di condanna e multa. Il compagno: "Giustizia per Laila"

Morta schiacciata dal macchinario. Chiesti 2 anni di condanna e multa. Il compagno: "Giustizia per Laila"

di Valentina Reggiani

"Non mi interessa sapere a quanti anni sarà eventualmente condannato l’imputato: quel che mi interessa è che sia riconosciuta la responsabilità dell’azienda nella morte di mia moglie. Com’è la mia vita oggi? Triste. Laila non tornerà mai più". Sono le parole soffocate dal dolore di Manuele Altiero, compagno di Laila e papà della sua bambina che, tre anni fa, quando la giovane mamma è morta schiacciata nel macchinario, aveva solo cinque anni.

Che idea si è fatto dell’udienza sulla morte di Laila?

"Penso che in aula il nipote abbia addebitato ogni responsabilità al nonno che ora non c’è più. Fare l’imprenditore è bello ma ci sono responsabilità e credo che quelle responsabilità, una persona, se le debba assumere. La procura ha chiesto due anni di carcere? Va bene se è ciò che prevede la legge, non sono ‘i numeri’ che contano perchè per me, se si arriva ad una condanna, giustizia è fatta".

Cosa vi aspettate dalla giustizia?

"Solo il riconoscimento delle responsabilità. Siamo stati risarciti, è vero, ma il risarcimento per noi non ha valore: non ci restituisce Laila. La vita è più difficile da quel giorno e lo è ancora oggi: i soldi non cambiano le cose perchè ogni giorno dobbiamo fare i conti con la sua assenza". Come sta sua figlia?

"La bambina è stata da subito seguita da una psicologa per superare il trauma. Era piccola quando Laila è morta, pian piano la sua vita è andata avanti. Gli adulti fanno più fatica a voltare pagina: anche io ho dovuto farmi seguire e trovare un supporto. Oggi, però, mancano gli ‘stimoli’, la voglia di fare, insomma, è tutto più difficile.

La cosa più dura, però, è pensare di andare avanti senza di lei. Le festività, il Natale, i compleanni per noi sono tutti giorni tristi: non c’è più alcuna voglia di festeggiare".

Vi hanno mai contattato per chiedere scusa?

"Nessuno ci ha mai chiesto scusa. Mi chiamarono in quei giorni, quelli della morte di Laila dicendomi che erano a disposizione per qualsiasi cosa. Nessuno, però, si è assunto la responsabilità e per questo la rabbia non è mai passata".

Laila le disse che temeva di dover lavorare con quel macchinario?

"E’ così. C’era da fare una lavorazione all’interno della macchina; era necessario entrare per inserire pareggiatori in gomma. Lo abbiamo spiegato agli inquirenti subito dopo la tragedia. Quella ‘manovra’ rendeva il cartone più lavorabile per il macchinario successivo ed era quello che le avevano insegnato. Il punto è che la macchina non produceva se qualcuno non si inseriva dentro e questo non avviene in nessun’altra azienda: nessuno aggiunge pareggiatori in gomma.

La prima cosa che mi aveva detto è che aveva perplessità: se ne era lamentata anche con i datori di lavoro. Jacopo, però, non era mai nei reparti produttivi: spesso c’era Fiano".

Cosa si aspetta da questo processo?

"Soltanto giustizia".