"Mostre flop? Servono artisti più conosciuti"

Il pittore Vaccari: "Qui si dà spazio ad autori di nicchia e poco popolari". L’allestitore Ferri: "L’offerta deve tornare in mano pubblica"

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di Stefano Luppi

"Non vogliofare polemica gratuita, ma serve buon senso visto che la politica espositiva di Modena da alcuni anni è errata. Ne parliamo spesso noi artisti sotto la Ghirlandina". Wainer Vaccari è uno dei più noti artisti modenesi attivi, esposto in mezzo mondo dopo i suoi inizi con Emilio Mattioli, di recente protagonista di apprezzatissime rassegne di Vittorio Sgarbi al Mart di Rovereto e alla Galleria Civica di Trento. Interviene dopo avere letto sul Carlino il resoconto numerico delle mostre del 2021, proposto dalla rivista specializzata Il Giornale dell’Arte: dati che mettono Modena molto in basso in graduatoria, oltre la centesima posizione.

"Vedo molte mostre – prosegue il pittore – e debbo dire che purtroppo quelle di Modena, soprattutto del contemporaneo, sono poco popolari. Attenzione, la qualità c’è, ma quasi sempre si tratta di artisti magari popolarissimi in certe nicchie culturali, ma sconosciuti al largo pubblico. Intendiamoci, anche questi aspetti vanno illustrati, però non può esserci solo questo. Da ciò purtroppo derivano mostre ermetiche, complicate, quasi ‘glaciali’, poco leggibili per il pubblico che non è composto solo da critici aggiornati alle ultime tendenze".

Vaccari è quasi scandalizzato per un particolare: "Trovo incredibile che a Modena nella programmazione del contemporaneo abbiano in pratica eliminato la pittura, un medium che al contrario oggi torna ad essere molto utilizzato e nelle aste ha numeri in forte crescita. Al di là di questo aspetto per me importante, va detto che tante città fanno mostre attrattive. Spesso propongono appuntamenti dove se non prenoti fai la fila per entrare: ad esempio Forlì che ha eventi strepitosi come ora la Maddalena, Rovigo con mostre sempre eccezionali sull’800-‘900, Padova dove ora è visitabile la ricchissima collezione di Oskar Reinhart che avevo visto in Svizzera. Perché qui non accade? Perché non si intessono relazioni per portare qui raccolte strepitose che vediamo sempre altrove? Bene il Museo civico, per il resto c’è un evidente scollamento tra gli istituti culturali del contemporaneo e la città". Anche Fausto Ferri, ex responsabile allestimenti di Galleria Civica e del chiuso festival Modena per la fotografia – oggi impegnato nella curatela delle rassegne ’La sexitudine sessantenne di Orianna Gazzotti’ e ’Il sutra del Focolare’ di Laura Maria Mazzoni per Fotografia Europea di Reggio – vede problemi rilevanti. "Non è un problema di persone, ma ci sono questioni di fondo, a partire dal fatto che la programmazione e l’offerta culturali debbono tornare ad essere in mano pubblica. Poi da lì si scelgono attori che possano garantire qualità espositiva e originalità di pensiero".

Ferri a Modena ha lavorato con direttori che qui hanno fatto le prime esperienze per poi spiccare il volo a livello nazionale, Flaminio Gualdoni e Walter Guadagnini, Angela Vettese e Marco Pierini: "Ogni anno vedo le classifiche di gradimento del pubblico di visitatori e ogni anno le posizioni di Modena peggiorano, i numeri sono sconfortanti anche se poi vanno affiancati da considerazioni. Ad esempio – spiega Fausto Ferri – a Forlì c’è una fondazione che in un anno organizza un mostra poi nota a livello nazionale e internazionale, ma per il resto la programmazione annuale rimane ancorata al locale. A Modena nel corso di un anno, nonostante appunto numeri davvero bassi e non solo per problemi di comunicazione, c’è una offerta ampia e allargata all’Estense che però dovrebbe lasciare perdere la fotografia, al museo Bper, al Museo civico. Il problema è che a scuola si studia poco l’arte del ‘900 e i ragazzi poi non conoscono Burri o Fontana".