"Noi allestitori, vittime invisibili del virus"

La mirandolese Contest realizza le scenografie per fiere, congressi e mostre. Il titolare Silvestri: "Tanti rischiano il fallimento"

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di Viviana Bruschi

Alcuni settori è come fossero ancora nella ‘fase 1’ della pandemia. Come la categoria degli ‘allestitori’, professionisti e imprese, quest’ultime generalmente di piccole dimensioni, che progettano e realizzano le scenografie che prendono forma all’interno di fiere, congressi, mostre, eventi pubblici. Emanuele Silvestri, a capo di Contest, con sede a Mirandola, è uno di questi ‘invisibili’, come definisce la sua categoria, "di cui si è parlato finora poco o nulla. Forse perché, a differenza di commercianti, parrucchieri, ristoratori e gestori di stabilimenti balneari gli allestitori lavorano dietro le quinte, anche se poi il loro lavoro finisce sotto gli occhi di tutti".

Emanuele Silvestri, enti fieristici da una parte e dall’altra voi, è così?

"Si, sono due settori diversi. Da una parte gli enti fieristici, organizzazioni di grandi dimensioni, spesso a partecipazione pubblica, che gestiscono il business di fiere e congressi, la vendita di spazi, ovvero la locazione intensiva di vasti complessi immobiliari, e la gestione del cosiddetto ‘incoming’ turistico. Un settore che non è certo esente da problematiche, ma per loro sarà più facile rialzarsi".

Per voi invece?

"La nostra è una attività artigianale articolata e multidisciplinare, di antica tradizione e molto spesso di eccellenza, che si pone al servizio della ‘comunicazione d’impresa’ per rappresentare, attraverso la creazione di architetture temporanee, l’immagine dell’industria italiana che mette in mostra sé stessa attraverso gli eventi espositivi. Questo soggetto, l’allestitore appunto, non vive in sé di eventi ma delle competenze progettuali, scenotecniche e logistiche necessarie perché questi possano prendere forma".

Sono molte nel nostro Paese le aziende come la sua?

"Il nostro settore produttivo dà lavoro a circa 400 imprese specializzate che occupano direttamente e indirettamente, attraverso un vasto indotto, oltre 120mila lavoratori, con un volume d’affari annuo stimato in circa 2 miliardi".

Ferme da mesi, e per quanto ancora?

"Si stima che l’attività non possa riprendere in modo significativo prima del 2021, sempreché si confermino le ottimistiche previsioni sull’evoluzione della pandemia, e che il settore subirà nell’anno in corso un calo di fatturato non inferiore all’80%".

I primi a fermarvi e gli ultimi a ripartire?

"Se non interverranno sostegni concreti e a fondo perduto, la maggior parte di queste imprese andrà incontro a morte certa. Non basta un decreto per far ripartire dall’oggi al domani un’attività che, in buona sostanza, produce scenari atti a favorire assembramenti. Né si può immaginare risolutiva la pur lauta concessione di risorse finanziarie a debito che, data la prospettiva temporale del fenomeno, finirebbero solo per spostare un po’ più avanti la prospettiva del fallimento".

Un problema sottovalutato, il vostro?

"Siamo ‘invisibili’, nessuno parla o si occupa di noi. Vorremmo un po’ di attenzione da parte delle istituzioni e, possibilmente, un sostegno idoneo a salvaguardare i circa 120mila posti di lavoro. Se non altro, nell’ultimo periodo alcuni artisti sono scesi in campo almeno per sostenere i professionisti e i lavoratori che operano nel backstage dello spettacolo, che condividono con noi le stesse preoccupanti prospettive".

L’unione fa la forza?

"Speriamo. Tanti colleghi si sono spontaneamente costituiti in un gruppo social orgogliosamente e ironicamente chiamato ‘Allestitori si nasce’, attivo finora su Whatsapp e Telegram. Ad oggi, sono più di 200 le imprese che hanno aderito al gruppo, in rappresentanza di oltre 2mila addetti diretti e circa mezzo miliardo di fatturato".