"Al ritorno in classe si vivrà di emozioni, così da allontanare i silenzi pesanti della quarantena. Con i ragazzi si dovrà impostare una relazione diversa, le lezioni non potranno essere come prima, ma soprattutto noi insegnanti non dovremo diventare degli sceriffi". A vivere così il rientro a scuola è Giordano Riccò, insegnante di Lettere all’Istituto tecnico industriale Fermi.
Come sta vivendo questi giorni?
"Sono preoccupato. Anzi disorientato perché non ci sono ancora delle linee chiare e non si sa bene come si ricomincerà".
Come cambierà il modo di insegnare?
"Io credo che si debba dare spazio alle emozioni che i ragazzi hanno vissuto in quarantena. È vero, ci siamo visti online ma non è la stessa cosa. E poi bisogna rifare un patto tra insegnanti, scuola e studenti. Non si può pensare di continuare con le modalità precedenti, con lezioni frontali, anche se...".
Anche se...
"Ho idea che per i dubbi che ci sono ancora sui trasporti pubblici e sugli orari di ingresso e di uscita si dovrà ricorrere ancora alla didattica a distanza. Ma questo sarebbe drammatico, sia per gli studenti che per gli insengnati. Nessuno è pronto. La presenza in classe serve davvero, è indispensabile a chiarire i dubbi e a risolvere le cose non capite. Un modello misto sarà una soluzione ancora peggiore".
Sarete in grado di far rispettare le regole anti-Covid agli studenti?
"Credo che sia giusto rispettare le distanze e usare la mascherina. Ma so anche che i ragazzi faranno fatica. E sinceramente non credo sia giusto che noi insegnanti diventiamo sceriffi. Se devo fare questa cosa allora è meglio che ognuno stia a casa e si colleghi quando vuole. Dovrei mandare delle note ogni volta che uno sgarra? Non mi sembra il caso. Io non posso, non credo che sia giusto che ci obblighino a farlo".
Quale messaggio manda ai suoi alunni?
"Dobbiamo fare in modo di poterci vedere. Quindi fate i bravi adesso...".
Paolo Tomassone