Parroci rimossi Modena, rivolta dei fedeli. "Sono anime buone: ci calpestate"

A San Benedetto ’pellegrinaggio’ per sostenere i sacerdoti. Dietro la decisione la gestione di una residenza

Parroci rimossi, la rivolta dei fedeli

Parroci rimossi, la rivolta dei fedeli

di Valentina Reggiani

"Ridateci la nostra parrocchia, state ledendo i nostri diritti. I nostri parroci sono due anime generose, due sacerdoti esemplari che si sono dedicati sempre al bene della nostra comunità. Non è giusto che finisca così". È andato in scena un vero e proprio pellegrinaggio, per tutta la giornata di ieri, davanti alla chiesa di San Benedetto Abate, in piazzetta don Dossetti. I fedeli, infatti, hanno portato fiori, biglietti, appeso cartelloni ma, soprattutto, chiesto e cercato risposte circa la decisione della diocesi di Modena e Nonantola di sollevare i due parroci ’in solidum’ don Giovanni Braglia e Don Dariusz Mikoda. Nessuno ieri conosceva le reali motivazioni dietro a quel lucchetto nei cancelli della chiesa e, soprattutto, dietro la decisione, drastica, di rimuovere i due religiosi dalle funzioni pastorali della parrocchia. "Siamo stati sollevati, poi vedremo – ha sottolineato ieri Don Giovanni mentre tanti fedeli applaudivano al suo arrivo – indagheranno".

Alla base del ‘caso San Benedetto Abate’ pare però vi sia una questione economica o meglio la gestione di una residenza in cui i due religiosi vivono da tempo e la richiesta dei Don sollevati di vedersi riconoscere alcuni ‘diritti’. Il caso è comunque nelle mani di un avvocato del foro di Roma. "Sono dispiaciuto prima di tutto perché sono girate voci e la diocesi non ha fatto nulla o poco per azzerare questa situazione – rimarca il legale Roberto Perghem – abbiamo cercato di arrivare ad un accordo che si è infranto contro qualche ‘scoglio’ non conosciuto. Posso dire che hanno fatto di tutto per mandarli via". Il legale ha risposto con un "no comment" circa la presunta questione economico – gestionale che sarebbe appunto alla base dell’accaduto. Quel che pare certo, però, è che don Gianni negli anni avrebbe investito tutti i propri beni (eredità della famiglia) a favore della diocesi, ma anche per salvare alcuni imprenditori a rischio fallimento. Il don avrebbe anche acquistato una ‘casa sociale’ a Pavullo, sempre grazie all’eredità della madre.

Dall’arcidiocesi di Modena e Nonantola, nella persona del nuovo amministratore parrocchiale, monsignor Giuliano Gazzetti fanno però sapere che "nessuno ha chiesto di chiudere la chiesa, l’avranno chiusa altri. Anzi, siamo sorpresi e non sappiamo di chi possa essere stato". L’arcidiocesi fa poi sapere che "la motivazione che ha portato a prendere provvedimenti nei riguardi della vita pastorale della Parrocchia di San Benedetto Abate è relativa al fatto che è intendimento della Curia intervenire direttamente nella gestione complessa delle attività della parrocchia, anche alla luce della rinuncia volontaria alla responsabilità economica e gestionale della parrocchia stessa, già presentata dal parroco in data 17 marzo 2022. Il fine primario è anzitutto tutelare le attività in essere, avviando così una nuova fase di consolidamento e rilancio del bene fatto da molti".

"Don Gianni ha aiutato tutti, non solo a me e gli voglio bene come se fosse mio fratello – gridava ieri davanti alla chiesa Alfonsina De Luca – Non sappiamo cosa sia accaduto ma la chiesa è nostra, non del Vescovo.

Noi veniamo a pregare e vogliamo la chiesa aperta". Mentre Maria Luisa fa notare che "è stata chiusa la chiesa e ci dispiace tantissimo, non è un negozio e noi non siamo dei consumatori. Il motivo va detto alla comunità che va avvisata. Vi pare questo il modo? Io sono venuta a pregare e ho trovato un lucchetto".

"Qualche malumore, non lo so ma sono rimasta molto male a trovare la chiesa chiusa. Il nostro parroco è anziano ed è in pensione ma ci sono modi e modi – aggiunge poi Sara Maria Concetta. "Vi vogliamo bene", grazie don Dario e Don Gianni, hanno scritto i fedeli sui cartelli.