
"Qui l’orso è estinto da oltre tre secoli"
di Giuliano Pasquesi
Quando gli orsi vivevano sul nostro Appennino e venivano utilizzati per pagare le tasse al Duca d’Este. Tanto che si usa ancora il detto ‘Menare (portare) l’orso a Modena’. E’ quanto emerge da uno studio del pievarolo Venceslao Santi del 1884 ripreso dal Club Alpino Italiano relativo agli orsi modenesi andati estinti dal 1679.
Studio che torna di attualità dopo la tragica vicenda del runner ucciso in Trentino che fa molto parlare anche in Appennino. Premesso subito che non sono state ipotizzate reintroduzioni di orsi in regione, chiediamo ad Ivano Cobalto, referente Emilia-Romagna per il Gruppo Grandi Carnivori del Cai, un commento d’attualità.
"L’argomento è delicatissimo e anche noi del Cai ci muoviamo con grande cautela. Come gruppo ’Grandi Carnivori’ – spiega Cobalto – promuoviamo da molto tempo la convivenza con il selvatico, ma la scomparsa del 26nne Andrea Papi ci impone grande rispetto nello spiegare la nostra posizione che dal 2016 è a favore del ritorno dei grandi carnivori in Italia ma in situazioni ’socialmente accettate’ da chi vive e lavora negli ambienti interessati. Attualmente i grandi carnivori nella nostra regione sono soprattutto i lupi, in piccoli gruppi familiari da 46 esemplari. Poi abbiamo il gatto selvatico, molto schivo, avvistato con fototrappole in alcune zone appenniniche tra cui l’Alto Frignano. Di recente è stato fotografato nel modenese anche lo sciacallo dorato, giunto dall’est Europa: di dimensioni inferiori al lupo, non è un predatore ma mangia quel che trova. Il nostro gruppo ha come obiettivo una posizione equilibrata attraverso una corretta comunicazione, divulgazione dell’argomento ai soci ed aiuto se richiesto agli enti preposti per il monitoraggio, per cercare di migliorare la gestione dei conflitti che emergono in seguito al ritorno dei ’grandi carnivori’".
Ed è appunto importante conoscerne la storia, dato che pochi sapevano ad esempio che la nostra montagna quattro secoli fa annoverava plantigradi sui monti di Fanano, Fiumalbo e in varie zone del Reggiano e Garfagnana. Né è prova il ‘canone d’affitto’ per l’uso dei boschi del crinale di un orso che gli abitanti di Soraggio (tra Garfagnana, appennino reggiano e Val Dragone) nel 1451 dovevano pagare alla Camera Ducale. Si trattava di un orso vivo ‘di ché allora ne erano pieni quei boschi’ da portare per Natale a Modena. Da qui il detto, ancora conosciuto, di "Menare l’orso a Modena" per significare un difficile pagamento, con riferimento ai problemi nel portare in città un orso vivo. Nel 1574 questi orsi dovevano già scarseggiare in Appennino, come risultò quando il Duca di Modena scrisse al Governatore di Sestola se fosse possibile organizzare una battuta di caccia nei boschi del Frignano. Il Governatore rispose infatti: "Vero è che alcuna volta vi è passato l’orso dai boschi di Monteacuto su quel di Fanano et di Castione lucchese nel Pelago e nella Abbazia (Frassinoro). Credesi che nel bosco contiguo a quello di san Pellegrino in Alpe se ne potrebbe trovare. Alcuni uomini di Fiumalbo hanno veduto l’orso et in quel di Fanano si sono veduti alcuni lupi cervieri..."
Nel 1607, vista la scarsità, fu concesso il pagamento sostitutivo di un grosso cinghiale. Di certo si sa che l’ultimo orso nei territori estensi fu ucciso nel 1679. Al giorno d’oggi di questa presenza restano toponimi come Monte Orsaro, Pianorso, Sassorso e Vallorsara. Da qualche anno, nel vicino versante toscano della Lucchesia è in corso una ‘Campagna per la reintroduzione dell’orso sulle Alpi Apuane’ con centinaia di aderenti. Attualmente la presenza è limitata a pochi esemplari bruni (giunti da un giardino zoologico livornese) in un’recinto faunistico’ chiuso del Parco Naturale dell’Orecchiella (Lucca), a 40 chilometri dal crinale di Frassinoro.