
Stasera alle 21 va in scena al teatro Ermanno Fabbri di Vignola ‘Riccardo3’, una produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione che segna la felice e duratura collaborazione con Enzo Vetrano e Stefano Randisi. Il testo, un adattamento di Francesco Niccolini, rilegge in chiave contemporanea un grande classico di Shakespeare: ‘Riccardo III’, oggi demone recluso e indomito, viene qui sottratto al medioevo inglese e diventa abitante del presente, dando vita a una messa in scena che non sarà una pura variazione sul tema ma qualcosa di «meno rassicurante».
L’ambientazione non è quella di una sala da palazzo reale quattrocentesca, ma sul palcoscenico è tutto bianco e verde acido, pareti che ricordano molto da vicino la stanza di un ospedale: un letto, una sedia a rotelle, un grande specchio. Forse ci troviamo all’interno di un ospedale psichiatrico o un manicomio criminale e forse stiamo per assistere a una terapia sperimentale che porterà un paziente ad affrontare gli orrori di cui si è macchiato. O forse siamo proprio dentro la sua mente, abitata da incubi e fantasmi. Uno spazio algido dove tutto è fatto della stessa sostanza degli incubi: le vecchie foto, le incisioni sbiadite e le apparizioni, in cui i ‘forse’ sono più delle certezze e governano la messa in scena, gli scambi di ruoli, le ambiguità dei personaggi. In scena Enzo Vetrano nel ruolo di Riccardo, Stefano Randisi è Lady Anna, ma anche un sicario, Giorgio di Clarence, Buckingham, Edoardo e Richmond, e Giovanni Moschella è tutti gli altri personaggi: un altro sicario, Hastings, Elisabetta, il principino, Margherita, il sindaco di Londra, Stanley. «In un luogo pieno di fantasmi – raccontano i protagonisti –, rivive la vicenda di Riccardo di Gloucester (il malvagio più malvagio, ma al tempo stesso più terribilmente simpatico mai creato dal genio umano) e dei suoi omicidi seriali, ma, al momento del gran finale, giusto un istante prima della morte Riccardo risorge dai suoi peccati e con il suo ultimo monologo visionario si congeda, accoglie la liberazione che gli giunge non dalla spada di Richmond ma dall’iniezione che gli viene somministrata: sedato, ridotto alla passività».