Staminali per salvare la vita ai malati Covid "Riescono a bloccare l’infiammazione"

Presentato ieri lo studio sperimentale ’Rescat’ che coinvolge sei centri nazionali: l’azienda ospedaliero-universitaria è la capofila. L’assessore regionale Raffaele Donini: "Una novità importante sul piano terapeutico che ci riempie di fiducia e di orgoglio"

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Va bene il vaccino. Ma dal momento che prima di raggiungere l’immunità di gregge dovremo aspettare ancora molti mesi, e tante persone purtroppo continueranno ad essere colpite dal Covid, investire sulle cure è la via obbligata. Ancora una volta Modena e l’Emilia-Romagna mettono sul piatto un’ipotesi di cura mai sperimentata prima al mondo. E cioè l’utilizzo delle cellule staminali per andare a ‘domare l’incendio’ che viene provocato dentro l’organismo di chi è stato aggredito dal virus con tutta la sua forza. Finora ci sono stati tanti approcci, ma a un anno dai primi contagi non si è vista ancora una terapia standard. La novità potrebbe arrivare dallo studio che prende il via proprio dalla nostra città. Anche se gli scienziati utilizzano le parole con il massimo della cautela.

"I risultati li vedremo tra sei mesi, non vogliamo anticipare festeggiamenti o celebrazioni; speriamo di potervi dare notizie in tempi brevi" spiega il prof. Massimo Dominici, direttore della Struttura complessa di oncologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Modena, uno dei primi a mettersi in moto a inizio pandemia. Prudenza a parte, i ricercatori che lavorano al progetto Rescat – che coinvolge altri sei centri italiani tra Lombardia, Veneto e Toscana – sono pronti a iniziare i primi test sui pazienti già nei prossimi giorni. Una sessantina in tutto (a Modena 15 pazienti affetti da polmonite severa da Sars-Cov-2 e ricoverati nei reparti di terapia intensiva) quelli che riceveranno il trattamento: a distanza di cinque giorni verranno somministrate due infusioni di cellule staminali – chiamate ‘stromali mesenchimali’ – che dovranno funzionare "come un potente antinfiammatorio" per contrastare il meccanismo alla base del danno indotto dal virus. E poi? "Aspetteremo i risultati" dice il direttore di Oncologia, che non nasconde una certa soddisfazione per essere riusciti, per la prima volta in Italia, a mettere in rete cinque centri di ricerca.

Gli altri pazienti saranno trattati a Firenze dagli ospedali Meyer e Careggi, a Milano dal Ca’ Granda e dall’ospedale Covid, a Monza, a Verona e a Vicenza. Quasi un miracolo, divenuto concreto anche grazie all’intervento della Regione che ha investito 300 mila euro sul progetto.

"Siamo immersi nella gestione della pandemia da quasi un anno – ricorda l’assessore regionale alle Politiche per la salute, Raffaele Donini – e l’avvio della campagna vaccinale ci dà finalmente la speranza di poter uscire dall’emergenza. Ma la battaglia è ancora dura e non bisogna abbassare la guardia. Ecco perché l’ipotesi dello studio Rescat rappresenta una risposta che ci riempie di fiducia". Estremamente orgoglioso è anche Claudio Vagnini, direttore del Policlinico, nei cui laboratori da anni si sperimentano le terapie cellulari per la lotta contro il cancro, in particolare per la cura dei tumori ematologici. "Ancora una volta – dice Vagnini – la ricerca si conferma asse portante non solo della nostra azienda, ma del sistema sanitario nel suo complesso". Un vanto di tutta l’università di Modena e Reggio Emilia, come ricorda il rettore Carlo Adolfo Porro: "una delle caratteristiche che ci rendono orgogliosi, è che i tre pilastri della ricerca, della formazione e dell’assistenza siano fortemente integrati" nella mission dell’ateneo.

Questo anche grazie ai ricercatori che "si confermano all’avanguardia nella lotta contro il Covid-19". La ricerca parte dall’esigenza di affrontare la pandemia, ma guarda oltre l’emergenza, come ricorda il sindaco, Gian Carlo Muzzarelli: "Stiamo programmando gli investimenti sul nostro territorio, dopo che il Covid ha riconfermato la centralità di una sanità pubblica, universalistica e gratuita".

Il preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia, Giorgio De Santis, riferisce: "Siamo di fronte ad una possibile innovazione terapeutica anche frutto delle ricerche della nostra Facoltà. Ci riferiamo in particolare alle cellule Msc da tessuto adiposo sul quale lavoriamo per la chirurgia rigenerativa. Ora potremo verificare se il potere delle Msc da grasso sia anche sicuro ed utile per pazienti con Covid-19".

Paolo Tomassone