Silvia Saracino
Cronaca

Tumore non diagnosticato, il Policlinico paga il risarcimento

La donna, 31 anni, non potrà più avere figli

Un laboratorio di analisi

Modena, 23 febbraio 2016 - Guardando Dorina Ceban, così minuta e gracile, ci si chiede dove abbia avuto la forza di superare quello che le è successo. Questa ragazza di 31 anni, che una decina di anni fa ha lasciato da sola la Moldavia per costruirsi un futuro a Modena, ha combattuto contro un tumore che le ha devastato l’utero privandola l’apparato riproduttivo.

E ha dovuto combattere anche contro il Policlinico a cui si è rivolta appena sono iniziate le perdite di sangue: Dorina ha avuto fin da subito la convinzione che quel terribile male si sarebbe potuto fermare in tempo e a distanza di quattro anni l’azienda ospedaliero universitaria le ha pagato un risarcimento economico.

Soldi (sulla ragazza e il suo legale Andrea Fedrezzoni chiedono il riserbo) che nemmeno lontanamente la ripagheranno di aver perso per sempre la possibilità di concepire e partorire un figlio. «Era la fine del 2011, andai al consultorio di via Don Minzoni per fare un pap test, avevo perdite di sangue – racconta – mi dissero che era tutto a posto e le perdite potevano essere causate dalla pillola». Il problema continua e Dorina decide di andare al pronto soccorso del Policlinico, nei primi mesi del 2012. «Anche lì mi dissero che la colpa era della pillola e che dovevo cambiarla». La rimandano a casa ma la situazione si aggrava, tra aprile e maggio del 2012, a cavallo del terremoto, Dorina torna un paio di volte al pronto soccorso lamentando perdite di sangue sempre più abbondanti.

I medici la visitano di nuovo e si rendono conto che il problema era grave. «Mi ricordo benissimo quel giorno: hanno prelevato un campione da fare analizzare e mi hanno detto ‘dobbiamo togliere tutto’». Era maggio 2012 e Dorina aveva un tumore di sei centimetri nell’utero. In un ospedale a Milano le tolgono utero, ovaie, tube e 52 linfonodi e nel frattempo iniziano i cicli di chemioterapia seguiti da radioterapia e brachiterapia.

«Facevo cicli di chemio molto pesanti, ho cominciato subito a perdere i capelli». La sua famiglia è lontana, perde l’impiego di baby sitter, non ha soldi per pagare l’affitto. Oggi Dorina non fa più la chemio ma deve sottoporsi a continui interventi chirurgici. La sua vita è cambiata per sempre. «Appena sono uscita dall’ospedale mi sono chiesta perchè non si erano accorti prima del tumore».

Il legale della ragazza avvia le pratiche per chiedere il risarcimento al Policlinico e incarica un perito: «le perizie di parte eseguite hanno fatto emergere l’errore commesso dal Policlinico nella lettura di un vetrino - spiega Fedrezzoni - ed il contenzioso si è concluso con un risarcimento in sede stragiudiziale che ha permesso di evitare i tempi di un giudizio in tribunale». I soldi sono arrivati, ma «poter diventare mamma non ha prezzo, cosa sono i soldi quando vedi i figli delle altre donne e sai che non potrai mai averne?».

Oggi a Dorina resta un desiderio: «Ho presentato al Policlinico un progetto per allestire un punto di bellezza per le donne che devono sottoporsi a chemioterapia. Ma non mi hanno mai risposto».