Festival filosofia, Recalcati e le parole: “Alcune sono come proiettili"

La lezione dello psicoanalista è stata seguita da migliaia di persone. "Ci sono termini che interiorizziamo fin dalla nostra infanzia e hanno la capacità di lasciare grandi impronte dentro di noi"

Lo psicanalista e saggista Massimo Recalcati al festival della filosofia di Modena

Lo psicanalista e saggista Massimo Recalcati al festival della filosofia di Modena

Modena, 15 settembre 2023 – Come una goccia scava la roccia, ci sono parole che ci feriscono nel profondo, fin dalla più tenera età. "Lacan le chiamava le parole - proiettile", ricorda lo psicanalista e saggista Massimo Recalcati che è stato fra i protagonisti più attesi della prima giornata del Festival Filosofia: la sua lezione su "Il trauma della parola", in piazza Grande, è stata seguita da migliaia di persone. Le parole sono pietre, recita il detto popolare.

"Di certo la parola ha un potere curativo e anche liberatorio, come ci insegna tutta la psicanalisi. La parola può essere il più potente psicofarmaco e un utile balsamo", spiega Recalcati. Tuttavia, al contempo, la parola detiene in sé anche un potere traumatico e può custodire dolori inespressi. "Il mio primo paziente, ormai trent’anni fa, fu un ragazzo di 15 anni che manifestava una sorta di paralisi del braccio destro che gli impediva di giocare a tennis – ricorda il professore –. Attraverso l’analisi arrivai a scoprire che il desiderio e le aspettative sul tennis erano più che altro del padre: il ragazzo, per non deludere le attese del genitore, si era come immolato. E quella paralisi in realtà traduceva una parola non detta, ‘Basta!’..."

Ci sono parole che interiorizziamo fin da piccoli, e sono forse quelle che ci restano dentro più a lungo. "Sono le parole che ci arrivano dai genitori o dagli educatori, e ci lasciano marchi, impronte, timbri interiori", prosegue Recalcati. Possono essere anche parole di disprezzo o di mancato riconoscimento, parole di dileggio, giudizi taglienti.

"Se la maestra dice all’allieva ‘Sei un’oca’, quelle parole perforeranno la superficie e andranno a fondo". Ma possono ferire anche le parole non dette, quelle che avremmo voluto sentirci dire ma non sono mai arrivate: "Nel film ‘La grande bellezza’ ci sono un ragazzo e una ragazza che non riescono a dirsi ‘Ti amo’...", sottolinea Recalcati. In ogni caso, "se scaviamo nel nostro intimo, troviamo sempre l’altro".

La parola non nasce violenta, "e dove c’è la parola la violenza può essere disinnescata – prosegue lo psicanalista –. Pensiamo per esempio alla guerra: quando viene meno il potere della parola e della diplomazia, ovviamente si infiammano le tensioni". D’altro verso, esiste anche una violenza delle parole, la parola razzista od omofoba, il linguaggio d’odio, "e anche nel nostro Paese c’è spesso un esercizio di bullismo mediatico, il disprezzo dell’avversario, l’insulto, la storpiatura del nome", sottolinea. Le parole possono essere usate come arma. "Tuttavia non dobbiamo dimenticare che proprio la legge della parola ci obbliga a pensare e ad ammettere il pluralismo delle lingue, il dialogo. Nella parola c’è l’esperienza del ‘non tutto’, la rinuncia all’idea di essere tutto: questa è anche la radice psichica della democrazia".

E qualche volta – lo ha ricordato anche il sociologo David Le Breton – anche il silenzio è d’oro. Il silenzio apre la via all’ascolto dell’altro, e non a caso spesso gli psicanalisti tacciono, quando il paziente parla. Nel silenzio si spalanca la porta all’accoglienza delle parole altrui, e il silenzio serve "a onorare e a dare peso alle parole – dice Massimo Recalcati –. Il nostro tempo purtroppo ha smarrito il senso del peso delle parole".

E porta un esempio: "Se il presidente della Repubblica Mattarella ottiene un così ampio consenso, è perché noi riconosciamo che le sue parole hanno un peso, e perché nella sua autorevolezza si assume la conseguenze del suo dire". Ogni parola resta scolpita, e dovremmo ricordarcelo: "Ma nel nostro Paese, purtroppo – conclude il professore – tutto questo è ormai cosa assai rara".