Amianto Pesaro, la denuncia. "I nostri padri uccisi dalla strage silenziosa"

La storia di due tecnici dell’ospedale ammalati di mesotelioma a pochi mesi di distanza. Battaglia dei familiari per la bonifica

Le fibre di amianto molto sono pericolose

Le fibre di amianto molto sono pericolose

Pesaro, 25 luglio 2019 - Pietro Sacchi, 73 anni, e Leandro Pozzoli, 69 anni, sono morti a pochi mesi l’uno dall’altro per mesotelioma, un tumore provocato dalle fibre dell’amianto, dopo aver lavorato fianco a fianco per decenni al servizio manutenzioni dell’ospedale di Pesaro.

Sacchi, che aveva il ruolo di capo-officina, era andato in pensione nel 2014 e si è ammalato all’inizio del 2018, appena un paio di mesi dopo Pozzoli. Come se i due fossero venuti a contatto con le terribili fibre nello stesso periodo. Ora le famiglie degli scomparsi, dopo che l’Inail ha riconosciuto loro l’esposizione professionale all’amianto, hanno scelto di intervenire pubblicamente per accendere i riflettori su quella che è una vera strage silenziosa di cui si parla solo in occasione delle proteste per smaltimenti costosi e ‘burocratizzati’.

«Noi non vogliamo puntare il dito o accusare l’ospedale – spiegano Elisabetta Sacchi e Peter Pozzoli, figli dei due tecnici ospedalieri – ma solo sollevare il problema pensando al futuro dei nostri figli. L’amianto è stato largamente utilizzato negli impianti produttivi e in altri costruzioni private, ma anche in quelle pubbliche, come le scuole, ma se ne sa veramente poco. Per questo ci siamo appoggiati all’Ona, l’Osservatorio Nazionale Amianto, una onlus che svolge ricerche, fornisce informazioni in materia di prevenzione, si occupa delle nuove cure, e vogliamo aprire un dibattito in questo territorio».

L’appello è rivolto in prima battuta all’opinione pubblica: «Chi lavora in ambienti dove si sospetta la presenza di amianto denunci questo problema e faccia scattare i controlli – afferma la Sacchi, parlando anche a nome della sorella Giovanna – Pure la consapevolezza verso ciò a cui si va incontro è importante: i corsi nei posti di lavoro, che l’Asur ha iniziato meritoriamente a fare, danno solo un’infarinatura superficiale e dovrebbero essere ripetuti per approfondire la materia. La nostra preoccupazione è che si sottovaluti il pericolo perché non si vede. Ma basta pensare a tutti i capannoni in disuso ai margini dei centri urbani, molti dei quali hanno i tetti di eternit, per capire che siamo seduti sopra una bomba ad orologeria». 

Un secondo appello è indirizzato alle istituzioni: «Chiediamo che facciamo tutto il possibile per portare avanti le bonifiche, senza ulteriori ritardi: la legge che disciplina la rimozione dell’amianto risale agli anni inizi degli anni ’90, ma poco è stato fatto» aggiunge Peter Pozzoli. Nel corso delle indagini svolte dall’Inail, sono emersi altri recenti casi di mesotelioma: sono sei negli ultimi mesi tra Pesaro e Vallefoglia, oltre ai due dipendenti ospedalieri riguardano anche una maestra, due idraulici e un tecnico.

«Papà non ce lo ridà nessuno – conclude Elisabetta Sacchi – ma vogliamo evitare, o alleviare, ad altri un calvario inutile fatto di chemioterapia, analisi, liquido di contrasto: bisogna sapere come fare prevenzione, dove rivolgersi se si riscontra la presenza di amianto vicino a casa, verso quali cure orientarsi in caso di diagnosi conclamata». Chi fosse interessato a saperne di più, può scrivere a bettisacchi@gmail.com o peterbiker@gmail.com