Caporalato a Pesaro, 70 lavoratori in nero sorvegliati col Gps. Sei denunce

Immigrati venivano impiegati per il volantinaggio, paga di 30 euro al giorno. Evasione contributiva di 400mila euro, sanzioni per 730mila euro

Caporalato, i lavoratori distribuivano volantini (foto d'archivio Radaelli)

Caporalato, i lavoratori distribuivano volantini (foto d'archivio Radaelli)

Pesaro, 17 febbraio 2020 - I carabinieri dell'ispettorato del lavoro di Pesaro hanno denunciato a piede libero per 'caporalato' sei pakistani. Costoro gestivano il lavoro di diversi immigrati, tutti senza contratto né tutele, a cui facevano consegnare pubblicazioni pubblicitarie nelle cassette delle poste muovendosi in bici o a piedi. I responsabili delle società di volantinaggio, come hanno dimostrato le investigazioni, avevano costituito 7 ditte individuali (o società) tutte riconducibili a cittadini pakistani, il cui principale scopo era quello di allargare il proprio giro d’affari con l’impiego di manodopera completamente "irregolare", mediante l’appalto di lavori di distribuzione di materiale pubblicitario per le più grandi catene nazionali. 

I lavoratori, privi di mezzi di sussistenza alternativi e costretti a vivere in condizioni igienico-sanitarie precarie, venivano reclutati e trasportati nella provincia di Pesaro e Urbino, ma anche in quelle di Ancona e Rimini con furgoni fatiscenti e insicuri (sovente anche causa di gravi contestazioni di violazioni al codice della strada). Tutti erano costretti a lavorare in condizioni indecorose e sotto continua sorveglianza (dal momento che seguivano tragitti prestabiliti), erano «affidati» al controllo di un capo squadra, venivano monitorati tramite sistemi Gps, erano impiegati anche per più di 11-12 ore di lavoro al giorno (per cinque o sei giorni alla settimana), violando ripetutamente la normativa di in materia di orario di lavoro e riposo. Il tutto ricevendo una misera retribuzione di 30 euro al giorno, rigorosamente in nero (per l’assunzione il lavoratore doveva contribuire alle spese connesse con la regolarizzazione, utile per la presentazione di documentazione idonea dinanzi alla Commissione per il riconoscimento della protezione internazionale di Ancona).

Come se non bastasse, i lavoratori erano costretti a vivere in alloggi a dir poco degradati, peraltro affittati dal datore di lavoro. Gli investigatori hanno rilevato veri e propri dormitori non conformi, talune volte privi di riscaldamento e di acqua, e in condizioni igienico-sanitarie per lo più precarie. Ai lavoratori sfruttati non venivano nemmeno garantiti i diritti in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. I militari del Nucleo Tutela del Lavoro di Pesaro e Urbino (coadiuvati anche da personale del Nucleo Operativo del Gruppo Tutela del Lavoro di Venezia e da personale dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Pesaro, insieme con funzionari Inps e Inail), dopo le approfondite attività investigative, contraddistinte da numerosi riscontri, rilievi e pedinamenti, nonché dall’acquisizione di numerose testimonianze (sia da parte di lavoratori che da altre persone informate sui fatti) e di documenti, hanno denunciato sei stranieri in quanto ritenuti responsabili del reato di «intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro». L'indagine ha consentito di accertare un imponibile contributivo (importo della retribuzione evasa sulla quale vengono calcolati i contributi previdenziali per ogni lavoratore) di ben 900mila euro ed un'evasione contributiva di 400mila euro circa; ben 70 i lavoratori in nero trovati durante le verifiche. Per le irregolarità accertate sono state notificate sanzioni per 730mila euro circa.