Coronavirus Pesaro, poliziotto miracolato. "Vedevo giovani morire vicino a me"

Raffaele Postiglione, 54 anni: "La febbre mi è arrivata a 41, sono stato sul punto di essere intubato. Poi finalmente la terapia antivirale ha funzionato"

Raffaele Postiglione, 54 anni

Raffaele Postiglione, 54 anni

Pesaro, 10 aprile 2020 - Nome, Raffaele detto "Lello". Cognome Postiglione, 54 anni, agente sovrintendente, una moglie e due figli di 23 e 19 anni, originario di Napoli, in servizio alla questura di Pesaro dal 2008, sia alle Volanti che all’Ufficio denunce. Alto oltre 1,90. Fisico atletico. Di lui, se fosse stata una gragedia, avremmo detto: ma come, è morto uno con un fisico così? No, non è morto. Ma la morte l’ha vista in faccia. Ecco il racconto del incubo, e il ritorno alla luce.

Raffaele, come inizia il suo calvario? "Il 7 marzo. Era sabato, ho finito il turno. La sera stessa a casa mi inizia la febbre. Perdita di gusto e olfatto. Non mangiavo nulla. Chiamo il medico. Mi dà delle punture di antibiotico. Ne dovevo fare 6. Alla quarta non respiravo bene. Ho iniziato quasi subito ad avere fame di ossigeno, sembravo un vecchio di 80 anni, o parlavo o respiravo".

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Poi cosa è successo? "Il medico è venuto a casa mia. Mi ha ascoltato i polmoni. Mi ha detto: meglio che ti ricoveri. Quindi domenica 15 mi hanno portato al pronto soccorso, qui a Pesaro. Mi fanno la lastra. Brutta. I miei polmoni non stavano bene. Poi la domenica 15 il tampone, positivo al coronavirus". Quindi? "Hanno iniziato a curarmi. A volte mi prendevano il sangue da un arteria del polso, è anche doloroso, per vedere il rapporto ossigeno/sangue. Lunedì 16 mi spostano dal pronto soccorso a sotto la tenda, fuori. E lì, dopo un paio di ore, in serata tardi, hanno visto che i valori peggioravano, mi trasferiscono in Diabetologia, ma era tutto covid". A che punto era arrivata la malattia? "Febbre fino a 41, stavo male, mi hanno messo la flebo di tachipirina, ma per 10-11 giorni è rimasta la febbre, scendeva massimo a 37,5". Nel frattempo, i suoi famigliari? "Li hanno messi in quarantena. Ma non avevo neanche la forza di chiamarli. E’ come una montagna che ti cade addosso all’improvviso". Lei aveva avuto precedenti malattie? "Nessuna, neanche fumavo. E quando gliel’ho detto al medico, lui mi ha detto ’Allora probabilmente te la caverai’". Che cure le facevano? "Mi hanno dato questo antivirale. e fortunatamente la febbre dopo un paio di giorni ha iniziato a scendere". La prima luce? "Esatto, la prima. A quel punto ho iniziato a respirare un po’ meglio. La febbre è scesa il 19-20 marzo, il 23 mi hanno dimesso. Ho continuato a prendere gli antivirali a casa. Il Plaquenil (un antimalarico, ndr). Due pillole, una la mattina e una la sera. Le ho tollerate bene. Io chiuso in una stanza e i miei in un altra. Mangiavamo ognuno per conto proprio". E ora come sta? "Bene. Sono trascorsi i 14 giorni. Il mio medico di famiglia mi ha prenotato per fare il test dei guariti. Ma sono ancora in attesa. E quindi non so quando potrò tornare a lavorare. I miei famigliari però il test non devono farlo. Eppure mia moglie ha qualche leggero sintomo. Però sta bene". Chi ringrazia? "I medici e gli infermieri, mi hanno salvato la vita. Erano anche loro i miei parenti. A volte mi poggiavano una mano sulle gambe, per confortarmi, moralmente è un gesto che ha contato tantissimo, non smetterò mai di ringraziarli". Dove si è contagiato? "Credo in questura, da qualche collega, ma io sono l’unico poliziotto finito in ospedale, che io sappia. Altri colleghi si sono curati a casa". Il momento più brutto? "Quando temevo di esser intubato. La febbre non andava giù. O parlavo o respiravo". Cosa le resta di questa esperienza? "Mi sento un miracolato. Non so nemmeno io come sono riuscito a uscirne. Infatti vicino a me vedevo ragazzi più giovani di me intubati. Ero vicino a un quarantenne, assicuratore, che poi è morto. Ho dovuto assistere al momento in cui ha chiamato la campagna, o la moglie, e gli diceva che da lì a poco l’avrebbero intubato. In quei momenti anch’io pensavo di morire e di non poter salutare nemmeno i miei, come è accaduto a parecchia gente. In camera mia è rimasto un vecchietto per 4 o 5 ore, è morto alle 19 e sono venuti a prenderlo alle 24, perchè mancavano i necrofori. Un esperienza che non auguro al mio peggior nemico. Mi pareva un incubo da cui mi sarei svegliato, invece purtroppo era la realtà". Perchè lei ce l’ha fatta, e altri, ugualmente non anziani, no? "Il mio organismo reagiva bene agli antivirali. Forse lo sport che faccio, ogni due giorni dieci chilometri a piedi, lungo la ciclabile. Sono dimagrito 8 chili. E devo recuperare un po’ di respiro, ho ancora un po’ di affanno, devo fare esercizi di respirazione. E’ stato un mese devastante. In questi giorni è morta anche mia suocera, nè io e mia moglie l’abbiamo potuta salutare". Come è cambiata la sua prospettiva, tra vita e a morte? "Ho capito che dobbiamo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. A chi è malato adesso dico di avere tanta volontà. E di credere nei medici e infermieri. L’80% della mia vita la devo a loro".