Doping, Federica Pellegrini testimone al processo al medico di Filippo Magnini

Magnini e Federica Pellegrini chiamati dal legale di Porcellini

Filippo Magnini e Federica Pellegrini a bordo vasca, quando la loro relazione stava già vacillando

Filippo Magnini e Federica Pellegrini a bordo vasca, quando la loro relazione stava già vacillando

Pesaro, 8 novembre 2017 - Dopo Re Magno, anche la Divina dovrà comparire in Tribunale a Pesaro. Federica Pellegrini sarà infatti testimone nel processo per doping contro il dottor Guido Porcellini, dietista dei campioni, e il suo amico e collaboratore Antonio Maria De Grandis. Processo, con rito ordinario, che si è aperto ieri mattina con l’udienza di ammissione delle prove. Assenti gli imputati. A chiedere di ascoltare la Pellegrini è stato il difensore di Porcellini e De Grandis, Francesco Manetti di Ravenna.

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Oltre alla campionessa e a Magnini (come era già stato annunciato tempo fa), nella lista testi presentata da Manetti e accolta dal giudice Paolo De Luca, c’è anche un terzo nuotatore, e cioè  Michele Santucci,  quello che, come il collega pesarese, è finito sia nell’inchiesta della Procura di Pesaro (ma solo come destinatario di prodotti illegali) che, di conseguenza, in quella appena aperta dai giudici sportivi dell’antidoping di Roma. Gli altri testimoni della difesa sono un’endocrinologa dell’Università di Parma e il titolare del centro Fisioradi, quello dal quale è partita tutta l’inchiesta dopo che i Nas avevano ritrovato al suo interno diverse sostanze proibite e farmaci guasti.

Ma il vero cuore del processo sono le intercettazioni. In particolare quelle conversazioni in cui Magnini, in vista delle Olimpiadi 2016, direbbe che «non va né avanti né indietro» e chiede aiuto a Porcellini. Conversazioni, tutte telefoniche, eccezion fatta per qualche mail, che le pm Monica Garulli e Valeria Cigliola ieri hanno presentato sul tavolo del giudice chiedendo al difensore il suo assenso, totale o parziale, all’utilizzo diretto nel processo. Manetti ha ottenuto dal giudice un po’ di tempo per valutare il da farsi. «Certo è – ha detto a margine dell’udienza – che le telefonate tra Magnini e Santucci non le accetto come da brogliacci, ma solo dopo che il perito le avrà trascritte e contestualizzate come si deve».

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Cosa significa quindi quella dichiarazione di Magnini? «Una dichiarazione che sarà molto utile a Porcellini – ha spiegato l’avvocato – Magnini era in un momento di sconforto, in ansia sportiva e non per altro. Ha chiesto così aiuto al suo medico e dietista. Non di certo sostanze dopanti. E a chi doveva chiedere aiuto se non a Porcellini? Lo pagava per questo!» «E comunque è un dato di fatto che Magnini ha consegnato il suo sangue all’antidoping per controlli futuri anche con nuove tecnologie in grado di rilevare la minima traccia di sostanza illecita».

A inchiesta già avviata. «Ma non so se sapesse dell’indagine. Comunque sono tutte cose che chiederemo a Magnini al processo». La Pellegrini invece «deve dirci – continua Manetti – quali sono state le prestazioni assistenziali ricevute da Porcellini. E non può che dirci che non ha mai avuto sostanze dopanti. Neppure quelle non proibite in allenamento. Se non avuto quelle, figuriamoci le altre». L’udienza con la Pellegrini e Magnini finirà al prossimo anno. «Porcellini – aggiunge - ha avuto la premura di avvisarli che li avrebbe citati come testimoni via whatsapp. Per un attimo avevamo pensato anche ad Hackett, ma poi abbiamo ritenuto che fosse sufficiente così». Prossima udienza, 5 dicembre.

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