I cinghiali mettono “ko“ l’agricoltura bio

I branchi girano tra ospedale e scuole a Urbino, ma in campagna fanno danni enormi. In allarme le aziende più attente alle colture

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La rocambolesca fuga dei cinghiali dal Parco della Rimebranza di Urbino riaccende i riflettori sulla vicenda dell’esubero degli ungulati. Il numero elevatissimo di cinghiali presenti non è certo soltanto un problema della nostra provincia ma diffuso probabilmente a tutto il centro Italia, alcuni episodi però, come il caso di Urbino, attirano l’attenzione più di altri: otto cinghiali a spasso tra auto e pedoni, in una zona trafficata e nevralgica, vicino all’ospedale e scuole per una città così importante non sono un fatto da minimizzare. A nulla è servito l’intervento di una ditta specializzata toscana per la cattura: se ne venivano portati via cinquanta, dopo poco altri branchi si installavano nelle immediate vicinanze del centro. Gli avvistamenti e gli incontri troppo ravvicinati però non si limitano all città ducale ma tutta la provincia registra la presenza di cinghiali che spesso si spingono al limitare delle abitazioni, specie nell’entroterra.

"Di cinghiali ce ne sono tanti, sicuramente troppi, anche nell’alta valle del Metauro – spiega Matteo Boinega, giovane agricoltore nella sua azienda a Sant’Angelo in Vado – stanno solitamente rintanati nelle aree demaniali perché stanno più al sicuro ma poi si disperdono tutt’attorno e non esitano a distruggere campi e colture. La soluzione? Penso che solo con la caccia in braccata anche dentro queste zone si potrebbe almeno contenere il numero, questo strumento assieme alle gabbie di cattura potrebbe essere un deterrente. Sono così tanti che ogni soluzione è buona".

Se possono essere pericolosi i cinghiali però si rivelano anche dei buongustai, prediligendo le coltivazioni biologiche: è quello che succede nell’azienda agricola biologica Il Gentil Verde di Frontino di Acqualagna. Qui, a due passi dall’area Natura 2000 di monte Montiego e in un contesto con molti boschi, i cinghiali confermano di amare il biologico: "Di cinghiali ce ne sono quanti ne vuoi – racconta Giuditta Mercurio –, amano le nostre leguminose: fave, ceci e piselli sembra che gli piacciono particolarmente, specialmente quando sono piccoli e teneri. Su quattro ettari che seminiamo sappiamo che ormai la metà ne mangiano i cinghiali, che spuntano dai boschi sul limitare dei campi e man mano divorano tutto. Abbiamo provato a mettere le colture che ritenevamo più appetibili vicino l’agriturismo per averle più sotto controllo ma è stato tutto inutile. Ci siamo ritrovate anche 30 cinghiali nel campo qui sotto. Facendo agricoltura biologica e utilizzando come fertilizzanti naturali azoto-fissatrici la rotazione delle colture va a finire che le piante che sarebbero più utili per il terreno le mangiano i cinghiali, mentre ad esempio il grano, che ha reste più dure, non è tra i piatti preferiti degli ungulati, anche se a volte danneggiano anche quello. La questione è che in questo tipo di agricoltura il seme ha un prezzo alto e quindi la poca resa di un campo incide anche in questo. Quest’anno abbiamo chiamato i selecacciatori ma siamo ben lontani dal risolvere il problema".

Andrea Angelini