I fabbri barbari erano bravissimi L’esercito degli antichi romani fu influenzato dalle loro tecniche

“Il racconto delle armi“ che si presenta oggi a Urbino svela tante inattese curiosità

Viene presentato oggi a Urbino (16,30 collegio Raffaello) un bel volume di Tommaso di Carpegna Falconieri e Salvatore ritrovato dal titolo

“Il racconto delle armi“. Nel leggerlo, per scrivere una recensione, tra i tanti contributi ben fatti ne ho trovato uno particolarmente interessante. Lo scritto è del collega archeologo Vasco La Salvia (professore di metodologie della ricerca archeologica presso l’Università di Chieti) e si occupa degli armamenti nell’alto Medioevo.

Le informazioni di La Salvia aprono uno spaccato intrigante sulla storia della guerra postclassica. Una vasta serie di rinvenimenti archeologici attesta che l’armamento e l’equipaggiamento dell’esercito romano non influenzò quello dei barbari, anche dopo secoli di contatti ravvicinati. I popoli invasori entrarono nell’impero dotati di un proprio corredo che non fu rivisto alla luce degli strumenti usati da romani. Anzi, accadde il contrario. A partire dal IV-V secolo d.C. fu l’armamento romano quello che subì cambiamenti transitando nelle forme, e negli stili, verso quello barbarico. Se fino a quel momento, in molti aspetti della società, fu la cultura mediterranea a influenzare le popolazioni barbariche, per quanto concerne gli armamenti accadde il contrario. All’esordio del Medioevo, così come attestato dai ormai numerosi rinvenimenti archeologici provenienti da tombe di àmbito merovingio, furono i fabbri barbarici a dettare legge.

La Salvia si spinge verso considerazioni "ad effetto": "La barbarizzazione dell’esercito romano, dunque, potrebbe non essere stata il semplice e semplicistico risultato delle difficoltà di reclutamento all’interno dei confini imperiali ma, al contrario, potrebbe esser stata legata alla superiorità dei metodi di produzione delle armi da parte degli artigiani di origine barbarica".

(puntata 234)

Daniele Sacco