Il luogo amato da Barocci e Pascoli

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"C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico: io vivo altrove, e sento che sono intorno nate le viole. Son nate nella selva del convento dei cappuccini…". Così Giovanni Pascoli ricorda il complesso francescano dove era solito andare coi compagni di collegio a lanciare gli aquiloni. I Cappuccini erano infatti un punto di riferimento ben da prima che nascesse il maestoso complesso dei collegi alle sue pendici. I Cappuccini sono parte dell’orizzonte urbinate da secoli, precisamente dal Cinquecento, quando vi fu eretto il convento, come d’abitudine di quell’ordine religioso, poco fuori le mura.

I frati dovettero da subito suscitare simpatia nei cittadini, tanto che la chiesetta fu presto meta di donazioni e tombe di urbinati. Il pittore Federico Barocci la immortalò per sempre in uno dei suoi capolavori: le “Stimmate di san Francesco“, enorme pala d’altare (foto sopra) nonché titolo della chiesa stessa. Il quadro, uno dei più bei notturni della storia dell’arte, oggi è conservato a Palazzo Ducale in quanto il convento nell’Ottocento fu requisito dallo Stato coi beni annessi, e nel 1869 fu donato al comune per farvi un ricovero per anziani, cosa che effettivamente fu fatta e restò in attività fino a pochi decenni fa. Meta della tradizionale e ultracentenaria camminata di Ferragosto della Società del Soldo, il pendìo retrostante dagli anni ’70 fu gradualmente edificato per ospitare i collegi di De Carlo. Il convento, diviso oggi tra due proprietari (diocesi per l’ala verso la città compresa la chiesa, università per la metà che affaccia sui collegi), era utilizzato fino a ieri solo in una piccola porzione come magazzino degli operai dell’ateneo, cui si aggiunge ora l’ala destinata a Caritas. Resta ancora per lo più da ristrutturare la parte facente capo alla Carlo Bo.

Nel periodo fascista, si era addirittura pensato di realizzarvi un Grand Hotel, progetto poi sfumato per le ingenti risorse, allora come oggi ardue da reperire. gio. vol.