"Incastrati dalla burocrazia Finiremo senza lavoro"

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Più del Covid, c’è da temere la burocrazia. Ad averne abbastanza da protestare sono i commercianti dei “fantomatici“ centri commerciali di Vallefoglia, i quali domani, in modo responsabile, ma determinato, impegneranno il piazzale de Le Cento vetrine a Morciola. Luca Mancini, titolare del Caffé della Fortuna, chiuso per via dello stato di allerta antiCovid arancione, sarà tra i primi a ritrovarsi e sarà insieme ai suoi 4 dipendenti. Stefano Picinni Leopardi, titolare di “Stefano” una struttura da mille metri quadrati, chiusa nei fine settimana per lo stesso provvedimento, sarà anch’egli presente insieme ai suoi 11 dipendenti. Come loro altri titolari di negozi con sede nei cosiddetti centri commerciali “inesistenti” di Bottega, Montecchio e Morciola, faranno in modo di esserci. "Non serve essere tanti - osserva Mancini -. Le nostre ragioni sono giuste: sappiamo che con noi ci sono tutti i lavoratori nelle nostre stesse condizioni. Vogliamo dare voce a questa ingiustizia. Siamo pronti a metterci la faccia". In comune, tutti, hanno di essere finiti nel tritacarne della burocrazia. Da dieci giorni attendono una risposta politica la quale illumini il tunnel nel quale sono finiti, poiché altrimenti, per campare non gli resta che sperare nella cassa integrazione.

Brevemente, il caso, scandaloso per via della discriminazione che crea, è noto, emerso grazie all’interessamento della consigliera regionale Micaela Vitri: "Accade solo a Vallefgolia in tutte le Marche e in alcune aree del nord Italia. I centri di negozi con ingresso indipendente e accesso all’aperto - spiega Vitri, presente domani per dare il suo supporto – sono stati assoggettati agli stessi limiti di grandi realtà come l’Iper Conad Rossini e come l’Ipercoop Miralfiore che invece hanno una galleria - solo canale in entrata e uscita - al chiuso". Il paradosso è subito servito: una media struttura come è “Stefano” che condivide a Montecchio la stessa area parcheggio con Tigotà e Nhd è obbligato a chiudere il fine settimana, mentre una dimensione gemella a Pesaro - come quello formata da Eurospin, Trony e Acqua e Sapone - può stare aperta. Perché? “Stefano” paga la scelta del costruttore, il quale al momento della concessione edilizia registrò l’area come Centro commerciale. A Pesaro ci sono molte realtà che possono stare aperte pur essendo di dimensioni pari o più grandi di “Stefano”: gli è consentito dalla legge perché hanno accesso indipendente e all’aperto. "E’ ingiusto - continua Vitri - perché non c’entra nulla col rischio di assembramento identificato come ratio dal provvedimento governativo di chiusura dei centri commerciali". Sia Mancini che Picinni Leopardi hanno dovuto ricorrere alla cassa integrazione per i dipendenti. Se nessuno a Roma sanerà l’aberrazione, a passare un magrissimo Natale saranno "un centinaio di famiglie - conclude Vitri - quelle cioé dei dipendenti impiegati nei quattro “fantomatici“ centri commerciali".

Solidea Vitali Rosati