La scelta dell’artigliere Morani. Disse no ai nazisti e fu deportato

Detenuto in Francia poi prigioniero in Germania: le schede sull’inferno patito dal nonno dell’esponente Dem

La scelta dell’artigliere Morani. Disse no ai  nazisti e fu deportato

La scelta dell’artigliere Morani. Disse no ai nazisti e fu deportato

Il 25 aprile è anche il giorno di tante singole storie personali che concorrono tutte insieme ad alimentare il grande racconto della Liberazione. È il caso della vicenda di Francesco Morani, classe 1908, nonno della rappresentante dem Alessia, la cui storia è riemersa proprio in questi giorni. All’interno di un libro riposto in soffitta la famiglia ha trovato per caso dei documenti risalenti all’immediato dopoguerra, con la scheda che racconta le varie tappe delle deportazione del soldato Morani. Impiegato in prima linea come artigliere, Francesco Morani, fa parte di quei soldati che furono raggiunti dall’armistizio dell’8 Settembre lontano da casa, ancora inquadrati nel regio esercito e messi di fronte a una decisione di vita o di morte: continuare la guerra combattendo a fianco del nemico tedesco o farsi prendere prigionieri con la prospettiva di finire ai lavori forzati o peggio nei campi di sterminio.

Piuttosto che i nazisti, Morani scelse la prigionia. Fu detenuto prima in Francia, a Limburg, poi deportato in Germania, nel campo di Nordhausen, un distaccamento del più tristemente celebre Buchenwald. Qui i nazisti costringevano i prigionieri a turni di lavoro massacranti in condizioni disumane sotto terra, dove lavoravano alla produzione degli armamenti al riparo dei bombardamenti alleati. Finita la guerra, tornò a casa che pesava 40 chili, lui che nella foto in divisa prima della guerra appare un giovanotto forte e robusto. Il peso di questa esperienza si trascinerà per sempre nella vita Francescoi.

I nipoti raccontano di un nonno taciturno: "Per anni non ne ha mai voluto palare – raccontano-, un po’ per non rievocare quel dolore, un po’ per rimuovere quei ricordi. Lo stress fisico e psicologico presentò il conto con febbri alte che lo colpivano ricorrentemente. In questi casi la prima cosa che faceva era mettersi in fronte un fazzoletto bagnato perché diceva che lo faceva sentire meglio e che era l’unica cura possibile ai tempi della prigionia. Il nonno è morto anni dopo, a causa di un cancro, ma sempre con quel fazzoletto in testa. Ogni anno, quando arriva il 25 aprile, è un po’ come rivivere quei momenti e ci tornano in mente quel nonno così silenzioso, persona semplice e introversa, probabilmente a causa di quelle esperienze terribili. Le indagini che abbiamo fatto partendo da quei documenti ritrovati ci hanno aiutato a fare luce sulla sua storia". "È anche questo un modo per ricordare chi ha fatto una scelta coraggiosa – commenta Alessia Morani-, chi ha scelto la prigionia piuttosto che combattere con gli invasori per dimostrare con l’esempio che la libertà è un valore che supera tutto e che deve essere la nostra stella polare".