Nascondeva cocaina nel teatro della Fortuna

In manette il tecnico di scena del tempio della cultura cittadino, insieme ad altri sei, tutti riconducibili al una banda di albanesi.

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Da tecnico di scena a custode della droga per conto di una pericolosa banda criminale albanese. E’ la triste parabola di Angelo Ticchiati, 45enne fanese, stimato tecnico di palcoscenico del Teatro della Fortuna, finito in manette martedì sera assieme ad altri quattro criminali che il gip Francesco Messina, nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere che ha emesso nei confronti dei componenti della banda, ha definito "assolutamente pericolosi". Ma per il giudice è proprio quella del fanese la posizione più grave, perché attuata da "un soggetto che opera all’interno di una struttura culturale e che quindi dovrebbe mantenersi lontanissimo da frequentazioni assolutamente inquietanti come quelle con gli indagati".

E invece, a finire sotto controllo, in questi mesi, è stato anche il tempio della cultura cittadina, quell’istituzione dove Ticchiati, che ne aveva le chiavi, entrava ed usciva a piacimento… Ed è proprio qui, in un armadietto nell’ingresso secondario del Teatro di Fano (quello da cui entrano ed escono gli artisti), che il pastore belga One dell’Unità cinofila dei carabinieri di Pasaro ha fiutato tracce di quella cocaina che Ticchiati spacciava in piazza Andrea Costa, che per il comandante del Norm Luigi Grella "negli ultimi mesi è diventata una grande piazza di spaccio". Qui transitavano fiumi di cocaina che, nelle intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate anche all’interno del Teatro, Ticchiati e i suoi complici la chiamavano ‘grappa’ mentre l’hashish nel loro linguaggio criptato diventava ‘marmellata’.

Quattro giorni dopo l’arresto della giovane coppia che imboscava etti di cocaina nel campo di girasoli in fondo a via Papiria (un albanese di 25 anni e la sua fidanzatina fanese, commessa di 22), la compagnia dei Carabinieri di Fano ha arrestato l’intera banda che riforniva di coca tutta Fano e dintorni. A finire in manette assieme a Ticchiati al termine di una complessa attività investigativa iniziata prima della pandemia, sono stati quattro albanesi: il capo supremo, il perno, Bujar Balla, detto Bull, 60enne albanese, disoccupato ed incensurato, da 20 anni in Italia; Alvaro Balla, suo nipote, 21 anni, che era già agli arresti domiciliari per essere stato beccato (alla fine di aprile, in pieno lockdown, al casello di Fano) con un carico di droga proveniente dalla Romagna; Hendriz Vrioni, 30 anni, anche lui nipote di Bull, il grossista della banda, ufficialmente operaio, residente a Matelica e Selim Goleni (per lui sono stati disposti i domiciliari) 60enne operaio edile, anche lui ormai italiano.

Le indagini dei Carabinieri sono partite ad inizio anno dopo il recupero di alcune dosi di cocaina che i militari della stazione di Terre Roveresche hanno trovato addosso ad un consumatore di San Giorgio di Pesaro. Lui, per difendersi dall’accusa di spaccio, aveva snocciolato un sacco di informazioni sulla provenienza di quella droga. E così si sono accesi i riflettori su Bull, una figura di spicco del traffico di cocaina (ma anche hashish e marijuana) nella città della Fortuna. Il suo numero di telefono era stato però trovato nel telefono di uno degli spacciatori arrestati nell’operazione PittBull di Fossombrone, tre anni fa. Collegati a questi 5 arresti ce ne sono anche altri due, in flagranza (la convalida è prevista per oggi): entrambi piccoli pusher di Bull. Una è una 44enne già nota alle cronache giudiziarie e cittadine, anche per essere stata arrestata per spaccio, anni fa, nel giorno delle sue nozze.