Omicidio Anastasiia, prima udienza. In aula il marito reo confesso. Non c’era nessuno della famiglia

Il figlioletto della vittima, che ora ha 4 anni, e i genitori sono rimasti in Ucraina malgrado la guerra. Si sono comunque costituiti parte civile per vedere condannato l’imputato. Il processo rinviato al 14 febbraio.

Omicidio Anastasiia, prima udienza. In aula il marito reo confesso. Non c’era nessuno della famiglia

Omicidio Anastasiia, prima udienza. In aula il marito reo confesso. Non c’era nessuno della famiglia

Pantaloni chiari, una maglietta a righe, lo sguardo abbassato. Moustafà Alashri, 43 anni, egiziano, ha fatto il suo ingresso ieri mattina alle 9.12 nell’aula della Corte d’Assise di Pesaro per essere giudicato dell’omicidio aggravato di sua moglie Antastasiia, 23 anni, cameriera, mamma di Adam, un bambino che al tempo aveva 2 anni e che ora vive in Ucraina con i nonni materni. Il presidente della Corte, dottoressa Lorena Mussoni, ha accolto insieme ai giudici popolari, la lista dei testimoni che dovranno essere ascoltati, ed ha stabilito di aggiornare l’udienza al prossimo 14 febbraio. Anastasiia era una ragazza poco più che ventenne, pianista, già maestra di musica, fuggita dall’Ucraina in guerra sei mesi prima di venire uccisa a Fano dal marito, dal quale voleva divorziare fin dalla permanenza nel suo Paese. Ma poi la fuga e l’arrivo in Italia in cerca di un nuovo futuro aveva come congelato la crisi coniugale ma soltando qualche mese. Dopo aver trovato lavoro al ristorante dalla Peppa di Fano come cameriera, aveva deciso di troncare il suo matrimonio malgrado il marito non ne volesse sapere. Anzi, lui aveva cominciato a metterle le mani addosso, ad umiliarla, ad accusarla di essere una cattiva madre, a non dargli più nulla per il mantenimento del bambino, tanto che lei lo denunciò ai carabinieri per maltrattamenti e minacce. Da quel momento, la procura attraverso i carabinieri le disse di non vedere più il marito se non in presenza delle forze dell’ordine. Ma quella mattina del 13 novembre 2022, Anastasiia non ricordò quell’avvertimento e decise di tornare nella casa coniugale da dove se n’era andata da qualche settimana per riprendersi dei vestiti. Avvertì al telefono il marito, che in quel momento lavorava in pasticceria, di non stare a casa perché sarebbe passata lei a prendere i vestiti e a lasciargli le chiavi. Invece lui fece esattamente l’opposto. Tornò, litigarono, prese un coltellaccio di cucina e la uccise con 29 fendenti colpendola al collo, al torace, all’addome, nelle braccia, nella schiena. Morì di lì a poco, in un lago di sangue. Il marito mise il corpo in un trolley e lo gettò in un dirupo in una zona di campagna. Poi tornò al lavoro, in pasticceria, senza alcuna emozione. Finì il suo turno ia a Fano, fino al termine del turno. Il tempo di tornare a casa, fare la valigia e prendere il treno per il nord. Ma dopo qualche ora, non vedendo Anastasiia tornare dal suo bambino né al posto di lavoro nel ristorante dalla Peppa a Fano dove lavorava da mesi, il suo nuovo compagno ha dato l’allarme mobilitando i carabinieri. Per questo, Moustafà è stato bloccato dalla polfer alla stazione di Bologna mentre era in procinto di partire con un treno oltre confine. Da allora, il figlio della vittima, Adam, vive in Ucraina con i nonni materni, ancora nemmeno cinquantenni, mentre al padre è stata tolta per sempre dal tribunale la patria potestà. L’avvocatessa Roberta Giuliacci si è costituita parte civile per conto del figlio minore della vittima e dei genitori chiedendo 12 milioni di risarcimento danni. La difesa è affidata all’avvocato Simone Ciro Giordano del foro di Milano. Intanto, si è appreso che Moustafà, in carcere a Villa Fastiggi, è molto attivo nelle varie mansioni interne ed è inserito anche in laboratori teatrali.

ro.da.