Palazzo Del Monte riparte dall’energia delle opere di Franco Lorenzetti

Fino al 26 maggio tutti i weekend la mostra del pittore senigalliese.

Palazzo Del Monte riparte dall’energia delle opere di Franco Lorenzetti

Palazzo Del Monte riparte dall’energia delle opere di Franco Lorenzetti

Siamo a Mombaroccio a Palazzo Del Monte, i dipinti sono di Franco Lorenzetti da Senigallia, classe 1957. Un allegorico vaso, con larghe pennellate blu e una improbabile infiorescenza nella cromatica dimensione di un rosso vivido, è il “Vaso di fine febbraio“, l’opera che rappresenta la mostra. Un titolo che restituisce la narrazione di un momento quando il carattere emblematico è una costante del lavoro di Lorenzetti: pittore convinto, pittore per sempre.

"Dipingere è ciò che volevo fare, ciò che fatto. Con ogni opera ho raccontato me stesso, ogni volta mi sono espresso con libertà e ho celato un poco di me stesso". Il suo autoritratto è una maschera verde, segnata di scuro, che risalta su una campitura gialla. In alto una sorta di maschera alter ego sghignazza. Una barca a vela con i colori del tramonto galleggia in un mare verde-blu e si confonde con un cielo che ha i colori della tempesta. Se nell’opera d’arte c’è sempre qualcosa di insondabile dell’animo umano, qualcosa di segreto e irraggiungibile, c’è inquietudine nel lavoro di Lorenzetti, c’è l’afflato e il brivido dello Sturm und drang.

C’è una visione complessa dell’esistente nel trionfo dei colori, nei segni, nelle tracce cromatiche della composizione che traduce una “Quasi rinascita“. Nel lavoro “Anna Paola eterna primavera“ c’è il riferimento a tutto il bene e alla bellezza della vita e a quelle certezze che vivono, forse, solo nei libri delle favole. Ci sono ombre e colori più sereni e un volto che osserva un “Istmo“ che unisce terra e mare, metafora dell’incontro tra materia e spirito. E c’è una “Danza verde“ e la leggerezza dell’infanzia di chi vorrebbe tornare bambino, o forse bambino lo è sempre stato, c’è l’angoscia e la complessità della vita tutta nei suoi lavori, c’è la passione e l’amore per l’arte del Novecento, la lezione dell’Espressionismo, quella di Chagall e dei grandi surrealisti. C’è una Madonna nera, ed è il titolo a suggerircelo, e un’altra, ancora nera, che "disseta infante e Angelo verde" e ha la corona di una regina, il gesto dell’accoglienza. E non c’è nulla di scontato.

C’è il racconto della propria interiorità, c’è la libertà istintuale che muove il fare dell’artista e la ragione, poi, fa da guida per andare là dove la mente vuole. Per generare dipinti come una madre partorisce un figlio. "Non conosco (nemmeno) il nome del fiore", ci sussurra Lorenzetti per ricordarci le parole che danno il titolo alla mostra. E resta il mistero che è il mistero dell’arte come è il mistero della vita. A presentarlo domenica è stato Carlo Bruscia (a destra nella foto sopra con l’autore, al centro, e Leonardo Nobili).