Patrick Zaki, all’inferno e ritorno: "A volte speravo di non risvegliarmi. Nelle lettere ho trovato la speranza"

Il ricercatore di Bologna ha ripercorso con i liceali del Marconi le torture fisiche e psicologiche subite in Egitto

Patrick Zaki, all’inferno e ritorno: "A volte speravo di non risvegliarmi. Nelle lettere ho trovato la speranza"

Patrick Zaki, all’inferno e ritorno: "A volte speravo di non risvegliarmi. Nelle lettere ho trovato la speranza"

Fano, 3 marzo 2024 – Giubbotto nero di pelle, jeans strappati, una camicia in velluto rossa e gli occhiali tondi, che da sempre lo caratterizzano. Tanti hanno parlato di lui, ma nessuno, prima di ieri, l’aveva mai visto dal vivo. Patrick Zaki è stato accolto dagli studenti del liceo Marconi di Pesaro con un applauso interminabile, uno di quelli che solitamente si regala solo a chi si stima davvero. Zaki, ora 32enne, ha raccontato i suoi 22 mesi dietro le sbarre di una prigione egiziana. Quasi due anni rinchiuso per via dell’accusa di sedizione e diffusione di notizie false online, costruite attorno a un articolo del 2019 in cui raccontava episodi di discriminazione contro i cristiani copti in Egitto.

Dopo la pubblicazione di quell’articolo Zaki, che già studiava all’università di Bologna, è stato arrestato dalla polizia del Cairo nel 2020, mentre stava prendendo un aereo per tornare in Italia. Il 19 luglio del 2023 il presidente egiziano al-Sisi, dopo continue manifestazioni e richieste di scarcerazione da parte del governo italiano, ha concesso la grazia a Zaki che ha avuto così l’opportunità di tornare a vivere, sposarsi e laurearsi.

Il racconto non è di certo dei più facili e la descrizione è minuziosa nei suoi dettagli. Zaki parla poco italiano, ma tutto viene riportato in modo chiaro e lineare dall’interprete Cristina Campagna, anche responsabile del gruppo Amnesty International di Pesaro. "Subivo torture fisiche e piscologiche di ogni tipo: dalle scariche elettriche all’isolamento forzato, circondato da assassini e senza aver nessun tipo di contatto con l’esterno, senza percepire lo scorrere del tempo e il passare dei giorni e delle ore, dormendo per terra in una stanza di due metri quadri. Dopo 6 mesi dalla mia prigionia mi erano stati concessi dei libri, ne ho letti in totale 220".

Il toccante racconto di Zaki è stato accompagnato, per tutto il tempo, dalle voci bianche dei giovani studenti del Marconi che non hanno abbassato l’attenzione sul racconto nemmeno per un secondo. "Nulla è stato facile, delle volte andavo a dormire con la speranza di non risvegliarmi più – racconta Zaki agli studenti -. Poi, grazie alle migliaia di lettere che mi arrivavano dagli studenti italiani, capivo che c’era ancora speranza. Che qualcosa poteva cambiare, e quindi tenevo duro e andavo avanti, giorno dopo giorno".

Durante il corso della mattinata non sono mancati i riferimenti a Giulio Regeni, il dottorando italiano dell’università di Cambridge rapito a Il Cairo il 25 gennaio 2016 e ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani. "Oggi non sono qui solo per raccontare la mia storia – continua Zaki –, ma per parlare di diritti umani. È necessario che le nuove generazioni abbiano una cultura riferita ai diritti umani. La situazione in Europa e in Italia, dopo anche gli ultimi episodi a Pisa degli studenti manganellati, non è normale. Ci si nasconde dietro una finta democrazia che in realtà non esiste. L’immobilismo in Palestina, il continuo della guerra in Ucraina e ciò che si vive tutti i giorni nel mondo è un chiaro segnale di ciò che ancora oggi non va e deve cambiare".

Il 32enne, ora ricercatore dell’università di Bologna, nel pomeriggio ha registrato il pienone anche a Palazzo Cacchi, dove ha presentato il suo nuovo libro: "Sogni e illusioni di libertà. La mia storia". Un racconto di riscatto che passa per torture, prigionia e un ritorno graduale alla normalità.