Undici misure cautelari, 35 indagati e una rete di spaccio che coinvolgeva buona parte della provincia di Pesaro Urbino, sconfinando in quelle di Ancona e Rimini, smantellata. È il risultato di un’operazione condotta dalla Procura del Tribunale di Urbino insieme alla Compagnia dei carabinieri di Urbino, incentrata su un’indagine durata più di due anni, tra il 2020 e il 2022.

La rete muoveva grandi quantitativi di stupefacenti in poco tempo, soprattutto cocaina, ma anche hashish e marijuana, e fruttava centinaia di migliaia di euro. Degli 11 destinatari delle misure cautelari per la detenzione a fini di spaccio, tutti uomini, di età compresa tra i 25 e i 45 anni, 9 risiedono nel Pesarese e due nel Riminese: sei di loro (tre di origine marocchina, due italiani e un macedone) sono in carcere, 4 ai domiciliari, uno con obbligo di firma. I provvedimenti sono stati eseguiti venerdì, in collaborazione con il Comando provinciale di Pesaro e Urbino, la Compagnia di Riccione e il Nucleo cinofili di Pesaro.
Sono oltre 150 gli episodi di spaccio contestati, ricostruiti grazie a diverse attività, tra cui pedinamenti, perquisizioni e intercettazioni, anche video e pure nelle auto di alcune delle persone tenute sotto osservazione. "Per questa lunga operazione c’è stato forte coordinamento tra la Procura e le forze dell’ordine, in particolare il Nucleo operativo mobile – ha spiegato in conferenza stampa il procuratore del Tribunale di Urbino, Claudio Rastrelli –. In alcuni casi ci sono stati anche ritrovamenti importanti di droga, come un sequestro da 1,7 chili di cocaina, e arresti in flagranza: le misure sono state eseguite perché siamo di fronte a soggetti che hanno una capacità criminale abbastanza forte nello spaccio e il giudice per l’indagine preliminare di Urbino ha ritenuto corretto fermarli. Poi, è chiaro che la presunzione d’innocenza resta fino a che non passeranno in giudicato. Ma contro il traffico di stupefacenti ci sarà sempre una risposta molto forte da parte dei carabinieri della provincia".
La prima area di spaccio includeva Urbania, Sant’Angelo in Vado, Piandimeleto, Belforte all’Isauro, Lunano, Sassocorvaro, Macerata Feltria, Piobbico e Acqualagna, dove sono state registrate tante vendite di dosi, che hanno coinvolto diversi soggetti già noti alle forze dell’ordine. La seconda interessava Pergola, Cagli, Fossombrone, Colli al Metauro, Pesaro e Fano e qui è emersa una rete ben strutturata di traffico. Anzi, proprio il Fanese era una sorta di ’porta’ per il flusso di droga. "Lo smercio avveniva sia al dettaglio, sia all’ingrosso – spiega il colonnello Antonio Patruno, comandante del Reparto operativo del Comando provinciale Pesaro Urbino –. Avevano una capacità criminale elevata, anche se non era una vera associazione finalizzata (cosa che infatti non è stata contestata, ndr), ma in singolo, e a volte in gruppo, si comportavano come i grandi spacciatori. Durante l’indagine abbiamo effettuato più sequestri".
L’indagine partì grazie all’intuito dei carabinieri della Compagnia urbinate, che stavano conducendo un’altra indagine legata alla droga: "Intercettammo un marocchino di 34 anni, appena uscito dal carcere per detenzione di stupefacenti, identificandolo come assuntore – spiega il comandante, capitano Crescenzo Maglione –. I suoi continui contatti con una serie sempre più fitta di persone ci hanno fatto approfondire la sua posizione e scoprire che si stesse creando un’autonoma rete di spaccio. Nel 2020 fu anche simulato un posto di blocco per il covid per identificare due italiani residenti tra Pergola e Fano che avevano un ruolo più alto nella scala dello spaccio: in alcuni momenti sono riusciti anche ad avere fino a 5 chili di cocaina in un mese. Nella seconda fase abbiamo individuato due luoghi centrali, la casa di un indagato, a Pergola, e un casolare abbandonato tra Pergola e Fano, in cui nascondevano la droga dentro a un forno in disuso. I due principali riscontri, che hanno portato a tre arresti, sono stati a inizio 2021: l’8 gennaio un macedone fu fermato a Sant’Ippolito su un mezzo per lavori edili, con 1,3 chili di cocaina diretti a Pergola, e il 30 aprile una coppia di marocchini fu trovata con 270 grammi in auto. Qui ci fu anche un episodio di resistenza, perché i due speronarono l’auto di controllo, a Canavaccio, e ne scaturì un inseguimento. Alcuni soggetti erano pure e violenti: una volta hanno minacciato con una katana uno di loro che aveva maturato un debito. Cambiavano spesso abitudini, per dissimulare l’attività di spaccio, per esempio un indagato propose di affittare ambulanze, che nessuno avrebbe controllato, per trasportare droga, ma non se ne fece nulla, perché impossibile. Infine, in varie occasioni due di loro hanno operato nonostante fossero soggetti a misure cautelari per altra causa: uno era ai domiciliari".