Statue greche rubate a Pesaro, svolta dopo decenni

Trafugate negli anni ’60 durante i lavori del palazzo di vetro, ora sono a Basilea e a Toronto. Ammissioni dell’antiquario Loreti davanti al pm

Una copia del discoforo di Policleto: una delle due statue trafugate

Una copia del discoforo di Policleto: una delle due statue trafugate

Pesaro, 4 giugno 2022 - Una delle statue in marmo, altezza d’uomo, trafugate alla fine degli anni Sessanta da piazzale Matteotti, potrebbe rientrare in città. Perché dopo settimane e settimane passate a raccogliere testimonianze, viaggiando tra Pesaro e Rimini, pare si sia improvissamente aperto uno spiraglio: ammissioni da parte dell’unico testimone sopravvisato a quei giorni quando un camioncino arrivato da Rimini prese le statue, le caricò, le portò in Romagna prima che svanissero nel reticolato dei trafficanti di opere d’arte. Quella che si è aperta alcuni giorni fa è una specie di breccia di Porta Pia che potrebbe portare al recupero della bellissima statua di un giovane atleta ora conservata nel museo archeologico di Basilea. Stando a testimonianze che arrivano dal mondo dell’antiquariato, sia di Pesaro che di Rimini, nei giorni scorsi il sostituto procuratore Silvia Cecchi che sta seguendo questo ‘saccheggio’ con l’ausilio dei carabinieri del Nucleo per la tutela del patrimonio di Ancona, avrebbe convocato nel suo ufficio l’unico testimone vivente: Leon Lorenzo Loreti, oggi 85enne, che al tempo dei fatti aveva un negozio di antiquariato accanto all’ex cinema Duse in via Petrucci. Nella stanza con lui un altro antiquario, Giancarlo Ciaroni, che sta diventando una specie di moderno Indiana Jones del settore. Fuori dalla porta ad attendere il figlio di Loreti.

Cosa è successo lì dentro esattamente nessuno lo sa anche perchè dalla dottoressa Cecchi non filtra nulla. Sta di fatto che Loreti pare abbia fatto delle ammissioni, raccontando particolari di quel trafugamento e aprendo le porte ad un possibile recupero di questa statua. Perché la Svizzera ha chiesto, per la restituzione, prove certe, documenti e testimonianze.

Effetto magistrato? Rimorsi di coscienza? Difficile dirlo perché Loreti venne anche convocato in Comune presenti il sindaco Matteo Ricci, il vice Daniele Vimini e quindi Franco Arceci, proprio per parlare delle statue di piazzale Matteotti. Ma non disse nulla, anzi disse che di questa storia non sapeva nulla.

La figura di Loreti è centrale. La mamma di Loreti è una Paolucci. Una famiglia di origini urbinati con diramazioni sia a Pesaro che a Rimini. L’esponente più noto di questa famiglia è l’ex ministro della Cultura, Antonio Paolucci. Loreti è cugino di Piero Paolucci, riminese, antiquario ed è lui assieme a Maurizio Balena, altro personaggio che ha avuto un ruolo nel ritrovamento dei quadri rubati a palazzo Ducale di Urbino e anche con la statua del Lisippo di Fano, il quale partecipa alla sparizione delle statue. All’epoca dei fatti si stavano scavando le fondamenta di quello che è oggi il palazzo di Vetro in via Buozzi.

Sotto, il peristilio delle terme romane con un colonnato arricchito da statue. Secondo alcuni repliche di capolavori greci, secondo altri proprio di origine greca. Ne ha parlato più volte Maurizio Balena al ‘Carlino’, ma la testimonianza più importante arrivò dall’avvocato Cleto Cucci di Rimini: raccontò che Paolucci e Balena litigarono per la spartizione della ricompensa, 30 milioni di lire di allora (una montagna di soldi), perché i due si presenteranno nel suo studio. La statua del giovane venne acquistata dal museo di Basilea per 500 milioni di lire, un’altra invece rispuntò in Canada, a Toronto. Notte da prendi i soldi e scappa perché Maurizio Balena era uno che conosceva Pesaro e Fano come le sue tasche. Nelle settimane scorse i carabinieri di Ancona sono andati più volte a Rimini interrogando la moglie di Piero Paolucci, la figlia dell’avvocato Cleto Cucci e con altre persone. Senza cavare un ragno dal buco. Fino alla svolta imposta dal pm Cecchi di convocare i testimoni di quei fatti.