Pesaro, degrado via Fermo. Dove è finito tutto

Capannoni sventrati, tetti spaccati in amianto, rifiuti abbandonati ai lati della strada, compresa una barca. Il racconto di un residente

L’ultimo residente è Roberto Venturi, muratore, in affitto nella casa di colore rosso

L’ultimo residente è Roberto Venturi, muratore, in affitto nella casa di colore rosso

Pesaro, 11 novembre 2019 - Provate a passarci . Almeno una volta. E’ facile: arrivati in Largo Ascoli Piceno, dove ci sono i palazzoni di Mulazzani, imboccate via Jesi. La strada è larga e nella parte iniziale ci sono concessionarie, uffici, qualche carrozzeria e persino un vecchio aereo da combattimento fissato in aria sopra la porta d’ingresso di una ditta. Sembra che stia virando per l’attacco. Arrivati in fondo alla strada, girate a sinistra. Vi troverete in via Fermo. Vi accorgerete subito di essere finiti in qualche film russo o americano degli anni ’70 sulle periferie industriali. Ci sono capannoni sventrati, pezzi di teli squarciati dal vento lasciati liberi di fluttuare, rifiuti a terra e sui tetti come amianto sfibrato e rotto. In un lato della via spunta anche un trancio di barca, una prua, scaricata sull’asfalto come se fosse il sacchetto dell’umido da raccogliere col porta a porta.

Le catene ai cancelli danno l’idea della custodia, ma le porte appaiono aperte. Dentro quei capannoni che fino a quindici anni fa davano lavoro a migliaia di persone, ora ci sono topi e forse dei gatti impauriti. Ci si imbatte anche nell’ex museo Morbidelli. C’è erba intorno ed è abbandonato. Le moto sono state prelevate e spedite in Inghilterra per essere vendute. Dalle finestre lasciate aperte si vedono vecchie tende di colore chiaro. Dall’altro lato ci sono capannoni che un tempo erano piccole ditte di falegnameria. E’ tutto chiuso, rotto, con pezzi di lamiera che spenzolano. Continuando si arriva all’ingrosso di casalinghi Giardini. C’è ancora la scritta sopra la porta ma tutto il resto è chiuso, decrepito. Intorno i capannoni, che erano occupati in gran parte proprio da Giardini, ora sono vuoti e abbandonati. Quasi in fondo alla via, spicca a sinistra un edificio verniciato di fresco dove ha preso posto una ditta e a destra c’è un’abitazione a due piani di colore rosso, come per ravvivare il panorama.

Al primo piano ci abita Roberto Venturi. Che dice: «Vivo qui in affitto da dieci anni. Ho visto morire questa strada e tutte le attività intorno giorno per giorno. L’ultima è stata quella di Giardini che aveva altri due o tre capannoni pieni di roba. Ora c’è il fallimento ed è andato tutto in malora. Ma guardate lì, a bordo strada: l’altra notte hanno abbandonato un divano, dei materassi, pezzi di salotto. Più in là c’è la prua di una barca. In questa strada – dice Venturi – ci abita un iraniano, bravo, e qualcuno altro che non conosco. Noi siamo qui in fondo, vicino ai palazzoni. Ci divide solo una rampa che è stata chiusa da due birilli per motivi sconosciuti. Siamo costretti a fare un chilometro di strada in mezzo al nulla invece di tre metri. Comunque – continua Venturi – se guardate bene dal mio terrazzo si vedono solo tetti in eternit. Sono quasi tutti rotti. Mi chiedo col vento quante fibre vengono sparse. Qui c’è un pezzo di città a pochi passi dal centro abbandonato e devastato e nessuno si preoccupa»