Festival Giornalismo culturale a Urbino, Agnese Pini: "Giornali garanti della democrazia"

All'evento la lectio magistralis della direttrice di QN il Resto del Carlino, La Nazione e il Giorno

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Urbino, 8 ottobre 2022 - Il giornalismo è davvero in crisi? Secondo Agnese Pini, direttrice de il Resto del Carlino, QN, La Nazione e il Giorno, sì, ma serve un distinguo: "A essere in crisi non è l’informazione stessa, bensì l’industria dell’informazione". Da questo presupposto è partita la lectio magistralis con cui, ieri, ha aperto la seconda giornata del Festival del giornalismo culturale. Introducendo l’intervento di Pini, Giorgio Zanchini ha confessato che la manifestazione, da lui diretta assieme a Lella Mazzoli, è arrivata "inaspettatamente alla decima edizione. Nel 2013 notavamo che il baricentro si fosse già spostato dai media tradizionali alla tecnologia e, per osservare il cambiamento, basta confrontare quello che oggi fanno gli allievi delle scuole di giornalismo, transmediali per eccellenza, e ciò che facciamo io Piero Dorfles, con un’agenda ancora dettata dal giornale comprato di mattina. Allora come si trasmette, oggi, il sapere?".

Questa domanda, accompagnata dagli ormai sempre attuali interrogativi "come vivono i giornalisti?" e "la carta stampata riesce a sopravvivere?", lanciati da Zanchini, e alcuni posti dagli allievi dell’Ifg di Urbino, ha fatto da incipit alla lectio : "Quasi ogni giorno colleghi e lettori mi chiedono dove andrà a finire il giornalismo e come si esca da questa crisi. Nel giornalismo culturale la preoccupazione è persino più forte. Oggi viviamo in una società che mai aveva avuto un accesso così libero, rapido e democratico all’informazione, tuttavia la sua industria attraversa un momento che, per portata, importanza e criticità, è simile al passaggio dal motore a vapore a quello a scoppio. Tuttavia le imprese, non solo italiane, hanno pochi capitali, perciò non possono fare la rivoluzione industriale. Conoscenze e tecnologie ci sono, servono strumenti economici difficilmente a portata, e uscire da questo passaggio è un pericolo: si rischia che i giornali chiudano e le democrazie esistono laddove c’è informazione".

Pini ha poi spiegato che comunicazione e informazione sono concetti diversi: "Parlare da un social network non è diverso che farlo da un balcone. I giornali producono cultura e informazione e nel parlare di ciò l’attenzione dovrebbe essere alta: quando anche in luoghi piccoli c’erano vari giornali, tv e radio, un fatto aveva garanzia di diventare notizia, ma, se le testate chiudono, le chance che accada sono minori. La capacità di accedere alle notizie che abbiamo oggi è senza precedenti, ed essere informati significa avere un potere che si è trasferito sempre di più dai giornali alle persone, con una straordinaria rivoluzione, ma bisogna imparare a gestirlo. Tuttavia, è anche vero che noi giornalisti abbiamo enorme capillarità di diffusione, quindi grandi responsabilità, visto che gli errori si possono moltiplicare anche milioni di volte. Per questo il giornalismo tradizionale conserva un primato rispetto al singolo, che comunque fa spesso un lavoro encomiabile: è fatto in gruppo. Essendo il giornale frutto di un insieme di scelte, realizzarlo insieme aiuta a ridurre il margine d’errore. Le sfide attuali obbligano a cercare prospettive diverse, ma anche a pensare a come portare avanti la base del mestiere: dire la verità. L’illusione di poterla sapere davvero rischia di diventare distorsiva e oggi, quando qualcuno prova a spacciare delle verità come assolute, spesso poi deve rimangiarsele. Dobbiamo perciò sostituire la parola verità con onestà, un concetto più umile, ma l’unico che ci permetta di avere una bussola nel nostro lavoro, sapendo che nessuno vedrà mai tutto. Tale patto con il lettore è la sola via che ci consentirà di attraversare questi mari agitati e restare dentro al cambiamento che viviamo, con la speranza di cambiare davvero le cose".

Nicola Petricca