Caro carburante, alla Ifi gli operai si organizzano: “Car sharing”

Con l’aumento del costo dei carburanti, si cercano soluzioni per scongiurare salassi ai lavoratori. E un rappresentante sindacale dell’azienda di via Selva Grossa lancia l’idea del car-sharing azienda

Francesco Trapanese, dipendente della Ifi s.p.a., fuori dallo stabilimento di via Selva Grossa

Francesco Trapanese, dipendente della Ifi s.p.a., fuori dallo stabilimento di via Selva Grossa

Pesaro, 20 agosto 2023 – Il caro-carburante è la tegola che attende i lavoratori, pendolari automuniti, al rientro dalle ferie. "Il rincaro preleva direttamente dalle tasche dei dipendenti: con l’ultimo shock dei prezzi si parla di una maggiore spesa tra i 70 e i 120 euro al mese procapite – conferma Francesco Trapanese, tra i 330 dipendenti all’Ifi s.p.a, azienda specializzata nell’arredo per gelaterie, di via Selva Grossa –. Insostenibile: mediamente potremmo dire che un operaio lavora almeno un giorno al mese per pagarsi il trasporto. Cioè, un giorno al mese, paga, invece di guadagnare, per andare a lavorare".

Sono oltre 20 anni che Trapanese lavora in Ifi. "Una soluzione va trovata: io faccio 30 chilometri al giorno, ma c’è chi ne fa di più. C’è chi arriva a valle di Case Bruciate, da Cattolica, Gradara...".

Quale soluzione?

"Il 4 settembre l’Ifi riapre dalla pausa feriale. Proporrò, agli altri componenti della Rsu (rappresentanza sindacale unitaria, ndr) il car sharing, l’automobile condivisa con più colleghi".

Sarà una iniziativa aziendale?

"Sarà strutturata: mapperemo le provenienze dei colleghi. Ragioneremo sulla migliore logistica perché sia un sistema efficace e conveniente per tutti". Del resto Trapanese, Fillea Cgil, con i colleghi della Rsu, non è nuovo ad iniziative finalizzate a tagliare le spese in difesa di salari e stipendi. "Per contrastare il caro-carburante – osserva Trapanese –, fenomeno sempre più pesante per via della contrazione economica, della crisi energetica, del peso dell’accise non tolte e dell’iva al 22%, in azienda abbiamo fatto una scelta radicale".

Quale?

"Abbiamo cambiato l’orario di lavoro: non facciamo più lo spezzato dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18. Ora facciamo quasi una tirata unica, dalle 8 alle ore 16 che ci evita i rientri per lo stacco di pranzo. In questo modo abbiamo eliminato una quarantina di viaggi. Tradotti in risparmio sono soldi che restano in tasca del lavoratore".

Il carocarburante fa saltare la pausa pranzo...

"Siamo italiani, non esageriamo. Abbiamo una pausa di un quarto d’ora, utile anche a mangiarsi un panino. Ma posso assicurare che, in azienda, siamo tutti convinti di aver fatto bene. Non pensavamo di dover ricorrere ad un altro stratagemma: ma se la cinghia va stretta di un altro buco, vedremo di farlo".